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Domenica 10 marzo è andata in scena, al Teatro Diana, l’ultima replica dello spettacolo “La sorella migliore”, che nasce dalla penna di Filippo Gili, abile intrecciatore di drammi familiari, nei quali non risparmia dubbi, segreti, invidia, silenzi e dolori, a volte difficili da sopportare. Questa volta, i protagonisti sono tre fratelli, uno dei quali vive e convive con un doloroso fardello, che condivide con le sue due sorelle.
Luca (Giovanni Anzaldo) è colpevole di omicidio stradale, ha ucciso una donna e ora vive, dopo aver trascorso qualche anno in carcere, agli arresti domiciliari a casa di sua sorella minore, Sandra (Daniela Marra).
Sandra accoglie il fratello con amore e senza giudicare, cerca di consolarlo e di rendergli gli ultimi tre anni di prigionia, seppur domiciliare, meno pesanti.
L’altra sorella, Giulia (Vanessa Scalera), nonché suo avvocato difensore, è caratterialmente molto diversa, una donna determinata e sicura di sé, arriva a casa di Sandra ed espone con sicurezza ed enfasi l’idea di riaprire il processo per evitare questi pochi anni di pena rimanenti al fratello. Avendolo precedentemente difeso nel primo processo, rivela ai fratelli che c’è un modo per vincere l’appello, una scoperta fatta da lei, ripescata nella “sua memoria” e della quale ha certezza di esito positivo. Nonostante la rivelazione di Giulia, si avvertono, nel dramma familiare dei tre fratelli, rancori, diffidenze, questioni rimosse e strategie nascoste. Il clima non è sereno, la tensione e le preoccupazione di un futuro macchiato dalla tragedia che li ha uniti nella condivisione del dolore, li ha resi anche più vulnerabili e diffidenti.
Dopo la sentenza di appello i tre fratelli sono a pranzo con la madre (Michela Martini) che nelle “questioni di famiglia” placa le acque impetuose.
Gli interpreti dei tre fratelli sono bravissimi, Daniela Marra rende il suo personaggio sincero, empatico, e intuitivo. Giovanni Anzaldo esplora la fragilità di Luca, rendendolo estremamente vero. Vanessa Scalera esalta la mente oscura di Giulia, domina la scena e affascina il pubblico con la sua performance. Il realismo è alla base della regia, Frangipane fa un ottimo lavoro, portando lo spettatore di fronte all’inaspettato, a ciò che sarebbe potuto accadere anni prima e che invece viene magistralmente manovrato dalle azioni di chi si arroga il diritto di giudicare per l’espiazione della colpa.
Così si apre un contesto familiare drammatico, le domande sorgono spontaneamente, e coinvolgono simultaneamente, sia gli attori che il pubblico in sala, ognuno con la propria diversa percezione.
Giustina Clausino