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Ciro Pinto, ex manager nel settore bancario e finanziario, da una decina di anni si dedica con successo alla scrittura. Le sue opere abbracciano svariate tematiche e ciascuna presenta contenuti originali e pregni di vissuti, introspezioni, elementi storici e sociali di grande interesse. I protagonisti delle storie dello scrittore napoletano appartengono a generazioni e ad ambiti sociali diversi. Le loro vite si muovono su scenari in cui il lettore si addentra percependone colori, odori, suoni, sapori, sensazioni e si snodano nei modi più disparati, ma sempre accattivanti e coinvolgenti perché toccano tutti gli anfratti dell’esistenza. Le debolezze, le malinconie, i vizi, le crudeltà, la rabbia, le fragilità, i ricordi, il sesso, le ideologie, le passioni, l’amore, l’amicizia, le frustrazioni, i sospetti, i dubbi, le emozioni, la voglia di riscatto sociale, la ricerca di verità e giustizia si fondono in mix di comportamenti che danno corpo ad azioni vive in cui non mancano colpi di scena e suspense.
La sua penna fluida, raffinata e di grande spessore culturale immerge il lettore in intrecci ben strutturati e intriganti che lo trasportano in una dimensione di piacevole tensione e curiosità, per cui ci si immedesima nei protagonisti, si ipotizzano gli sviluppi, si creano aspettative e il desiderio di conoscere i loro destini man mano che si legge diventa sempre più intenso.
I suoi romanzi hanno ricevuto riconoscimenti fin dalle prime pubblicazioni. “Il problema di Ivana”, “L’uomo che correva vicino al mare”, “Gli occhiali di Sara”, “Di fossato in fossato”, “Subway”, “Il passero e l’imperatore”, “La Casa di Posillipo”, Senza dolore” sono i titoli delle sue opere, ai quali si aggiungono diversi racconti e poesie.
Il 15 settembre 2021, alle ore 18,00, presso la libreria IoCiSto, si terrà la presentazione del suo libro “Senza dolore”.
Per l’occasione, abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Ciro Pinto, benvenuto a DifferenteMente!
Grazie, Daniela, sono davvero felice di fare due chiacchiere con te. E grazie al giornale DifferenteMente di ospitarmi sulle sue pagine.
Da manager nel settore bancario e finanziario a scrittore. Una bella metamorfosi.
Sì, da un universo composito di calcoli finanziari ed economici a un altro fatto di pensieri e parole. Bè, in effetti, sembra un bel cambiamento. In verità, tra il mondo dei numeri e quello delle parole non c’è tutta questa distanza. Non diceva forse il grande studioso di storia della matematica, Carl B. Boyler, che in fondo le cose che realmente contano nella matematica sono le cose dello spirito? E, inoltre, come c’insegna Steven D. Levitt, l’economista non è altro che un acuto osservatore del mondo e dei suoi costumi, magari un osservatore originale, capace di vedere in una prospettiva diversa taluni scenari che ad altri sembrano scontati? E chiunque scrive sa bene che per narrare occorre lo spirito e l’originalità, che narrare significa creare uno squarcio sottile in un paravento dove si possa spiare la realtà e darne una rappresentazione tutta da capire o da reinventare.
Da una decina di anni, dunque, ti dedichi alla scrittura e alla pubblicazione di opere, ma quando hai avuto la consapevolezza di voler fare lo scrittore da “grande”?
Quando ero già grande, anzi troppo grande – di età, s’intende-. A parte le battute, ho avuto consapevolezza della mia nuova attività dopo qualche anno che avevo iniziato a scrivere e a pubblicare. Agli inizi del 2011 ho lasciato il lavoro approfittando di un’opportunità di prepensionamento. Un lavoro, ci tengo a precisare, che amavo molto, sia perché le mie mansioni erano soprattutto gestionali e relazionali -dunque coerenti con la mia attitudine umanistica- sia perché ero realmente immerso e coinvolto nelle vicende dell’azienda di cui facevo parte. Ma era anche vero che da diversi anni avevo una vita complicata dalla lontananza della mia famiglia: io a Firenze e mia moglie a Napoli, e per giunta l’ultimo anno mio figlio viveva a Milano, dove vive ancora tuttora. Dunque, ho lasciato con una certa rassegnazione ma convinto di poter utilizzare l’ampio spazio di tempo che mi si apriva dinanzi: nel 2011 avevo 57 anni, non mi sentivo un pensionato. E così, rispolverando una vecchia aspirazione, mai coltivata prima, in verità, ho iniziato a scrivere. E non ho smesso più. Anzi, più invecchio più ho storie da raccontare. Boh, forse sono come Sharazâd, racconto storie per non morire.
“Il problema di Ivana” è stato il tuo esordio…
Sì, una sorta di thriller romantico, dove s’intrecciano sogno e realtà, passato remoto e presente, il tutto sullo sfondo delle incantevoli valli senesi. Serbo con grande commozione quel mese impiegato a scrivere ‘Ivana’. Benché sia una storia con una sua struttura e un suo intreccio, e sia una fiction a tutti gli effetti, c’era tanto del mio ‘spirito’ in quelle pagine, a tratti fu per me un vero e proprio flusso di coscienza.
Nel 2014 con “Gli occhiali di Sara” ti aggiudichi il Premio Nabokov, sicuramente un riconoscimento importante.
Vero, Daniela. Avevo già avuto riconoscimenti in vari concorsi letterari sia per Il problema d’Ivana sia per L’uomo che correva vicino al mare, ma quello fu il mio primo posto assoluto. E fu davvero una bella emozione. Per me aveva un valore speciale, mi sentivo giustificato nel definirmi in punta di piedi: scrittore. Ora, sia ben chiaro, il significato di scrittore è abbastanza vago. Chi lo è? chi vende? chi scrive bene? chi fa letteratura? E soprattutto, chi ha la risposta giusta a questa domanda?
E dopo, altri premi, altri gradini più alti del podio. Infatti, anche “Il passero e l’imperatore”, “Subway”, “La casa di Posillipo” e “Senza dolore” hanno ricevuto premi, riconoscimenti importanti. Ce ne parli?
Sì, è vero, e ogni premio, ogni pubblicazione, e soprattutto ogni commento di un lettore, ogni recensione mi ha incoraggiato a continuare a pubblicare. A scrivere, no, non avrei mai rinunciato, anche se m’avessero coperto di insulti. In fondo per me scrivere e vivere sono due modalità parallele di esistere.
Ogni romanzo è diverso dall’altro sia per le tipologie caratteriali dei protagonisti sia per le ambientazioni storico-sociali, ognuno presenta peculiarità accattivanti e coinvolgenti, immancabile è l’intreccio intrigante che spesso ha il sapore del noir, ma un noir fuori dal comune…
Grazie di questa domanda, Daniela, mi consente di rispondere a molti che mi chiedono perché non scrivi una serie o perché i tuoi gialli sono un po’ diversi dagli altri, perché non ti limiti ai canoni del genere giallo. Alla prima rispondo in modo diretto: non riesco a perpetuare i miei personaggi in più storie, pur amandoli tanto, è ovvio, ma io fondamentalmente sono uno storyteller, un cantastorie, e m’innamoro sempre di una storia nuova, diversa nel tempo e nel luogo, con personaggi diversi. Per la seconda domanda rispondere è più complesso. Innanzitutto, in tutti i miei romanzi, anche in quelli mainstream, c’è sempre un piccolo enigma, un fatto segreto da svelare, che appare nelle prime pagine e che si disvela nelle ultime, e per questo potremmo dire che sono un po’ tutti dei gialli. In verità, la mia non è una scelta. Io sono spinto a scrivere una storia partendo da un particolare: una scena, una situazione, un principio di pensiero. Non so mai dove arriverò, non strutturo mai una trama a priori, non ho un canovaccio del plot, e ciò vale anche quando scrivo un giallo, e questa è una cosa ancora più difficile da realizzare. Per andare avanti occorre inventarsi ogni giorno uno sviluppo, un seguito. Per darmi la tenacia adatta a proseguire, metto su un enigma, un mistero, qualcosa che appare nelle prime pagine ma non si capisce cosa sia. Sia ben chiaro, nemmeno io so cosa sia quell’enigma, quel mistero. Proprio per svelarlo a me stesso e a chi legge riesco a portare a termine la stesura. Bè, questa modalità di scrittura diventa ancora più impegnativa quando scrivi un noir o un giallo, dove tutto deve avere una spiegazione e una logica temporale e concettuale. Inoltre, i miei gialli parlano anche d’altro, soprattutto delle problematiche che assillano i nostri tempi. Subway, scritto a quattro mani con Rossella Gallucci, il primo romanzo a sfondo noir, parla di homeless e artisti di strada, d’inquinamento, di discariche abusive. Il passero e l’Imperatore, parla della bellezza -Capri, isola nella quale è ambientato, ne è la degna cornice-, ma anche di violenza sulle donne, di rapporti padre-figlio. Senza dolore parla di Resistenza, di ricostruzione, di guerra, pur essendo il giallo tra i tre più canonico, con tanto di commissario, eccetera eccetera.
Le storie dei tuoi racconti nascono da un’ispirazione improvvisa, da riflessioni su tematiche che desideri approfondire attraverso ricerche, studi e analisi o da luoghi in cui ti trovi o sei stato?
Penso di aver risposto a questo quesito, non volendo, già alla domanda precedente. Aggiungo solo che, da qualunque ispirazione un autore venga colto, occorra poi che si alzi le maniche e lavori: ricerche, approfondimenti, studi. Ogni cosa deve essere contestualizzata e giustificata. Il lettore merita questo rispetto.
Hai scritto anche a quattro mani…
Sì, come dicevo sopra, abbiamo scritto Subway Rossella Gallucci ed io. Ci eravamo incontrati una sola volta, a Roma, a una mia presentazione di ‘Ivana’ e abbiamo continuato a frequentarci sui social. Ci nacque l’idea dopo qualche anno, un capitolo ciascuno, rigorosamente, abbiamo usato mail, Messanger e Wa, oltre che telefonate, a volte infuocate, ma siamo riusciti. Un’esperienza fantastica, davvero. Subway è un romanzo un po’ giallo, un po’ noir e a tratti sovversivo. Noi due, gli autori intendo, l’abbiamo amato e l’amiamo molto.
E finalmente è arrivato il giorno della presentazione della tua ultima pubblicazione.
E non mi sembra ancora vero, Daniela. Senza dolore ha vinto la sezione inedita del Premio Nebbia Gialla nell’ottobre del 2019 ed è stato pubblicato il 27 febbraio del 2020. Il giorno dopo è cascato il mondo: la tragedia del Covid e il lockdown, da allora ha vissuto soltanto on line. In verità l’ho già presentato a luglio al Festival Piceno Noir, un ottimo evento organizzato da Domenico Parlamenti, uomo infaticabile e appassionato, e dalla sua Associazione: Alchimie d’Arte. Ed era già uscito in pubblico il mese precedente per ricevere la targa del secondo posto al Premio Città di Siena 2021. Inoltre, l’ultima uscita proprio questo mese, a Terracina, dove ha vinto il Premio Libri d’Ulisse, nell’ambito del Terracina Book Festival 2021. Ma il 15 settembre è la sua prima comparsa in pubblico nella mia città, Napoli, e spero molto che vengano tante persone, io e SD le aspettiamo da 18 mesi. Benché sia passato del tempo dalla sua pubblicazione, da Napoli in poi partiranno altre presentazioni. Bisogna che recuperiamo terreno. Un libro per non morire dev’essere letto perché ogni lettura gli allunga la vita.
“Senza dolore” è la tua ultima pubblicazione, ma non la tua ultima creatura. C’è qualcosa in fieri, mi sa…
Sì, c’è innanzitutto Mimma, un giallo – e, anche in questo caso, qualcosa di più di un giallo -, che è stato scritto durante il primo Lockdown del 2020 e che ha vinto la sezione inediti del Festival Giallo Garda 2021, ritirerò il premio il mese prossimo. È una gran bella soddisfazione, se non sbaglio sono l’unico autore finora, settima edizione, che abbia vinto due volte questo Premio, anche se in sezioni diverse, la prima volta l’ho vinto nel 2017 nella sezione editi con Il passero e l’Imperatore.
Anche Mimma è un giallo anomalo: c’è sogno e realtà, c’è l’Africa, ci sono i migranti, c’è la legione dei bambini, ma anche due ispettori caparbi, un contrabbandiere buono, e soprattutto c’è Mimma, una ragazzina esplosiva.
Inoltre sto scrivendo un romanzo, questo storico, ma di pura fiction, s’intitola Gabriela, ambientato a Napoli nell’ultimo quarto di secolo del 1700, che mi sta letteralmente catturando, tanto da non riuscire a smettere. Soltanto la mia fidata barca mi ha consentito di staccarmi da lei almeno ad agosto.
Per chi volesse seguire le tue opere e la tua attività di autore?
Ho il mio sito: ciropinto.com, sono su Facebook, Twitter, Linkedin e Instagram.
Ad maiora!
Grazie, Daniela, e a presto.
Daniela Vellani