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Ciro Pinto con “Gli occhiali di Sara” scuote gli animi raccontando la Shoah

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“Dal giorno in cui sono uscita da Auschwitz, ridotta a una larva umana, non sono mai riuscita a liberare il cuore dal filo spinato dei recinti di quel campo. Ho vissuto come un simulacro, ho coltivato le mie sofferenze come piaghe che non seccano mai.”

Il 27 gennaio è il giorno della memoria, il giorno che deve invitare tutti a riflettere,  abbracciare e difendere la vita, l’amore, il rispetto, la libertà a tutti i costi, insomma quei valori che nessuno può permettersi di infrangere e calpestare. Per fare ciò è importante leggere ed informarsi per ricordare e apprendere dagli insegnamenti della storia.

Io lo faccio spesso e soprattutto quando si avvicina il giorno indicato scelgo un nuovo libro sull’argomento. Quest’anno la mia attenzione si è focalizzata su un romanzo “Gli occhiali di Sara” dello scrittore napoletano Ciro Pinto (Ed. Tra le righe- 196 pagine). La mia avidità di conoscere e di lettura è stata pienamente appagata.

Il romanzo, che da inedito vinse il Premio Nabokov 2014, è di quelli che ti arrivano dentro e scuotono il tuo mondo affettivo. Tra le sue pagine in cui gli anni ’90 vanno ad intrecciarsi con il periodo della seconda guerra mondiale e con la Shoah, si vivono momenti, si visualizzano ideologie, si scoprono luoghi e mondi diversi e soprattutto si penetra nelle vite dei protagonisti con cui si entra in confidenza.

Lo scrittore ha tessuto un intreccio in modo avvincente, ricco, emozionante. Le introspezioni di natura psicologica, le descrizioni dei luoghi, i ricordi forti e intensi, le azioni, le accurate ambientazioni epocali (ad esempio la guerra del Golfo, l’abbattimento del muro di Berlino, l’uso della lira, i primi cellulari, la fine del comunismo nelle Cecoslovacchia), si fondono nei tempi e nei modi giusti e ciò mantiene desta l’attenzione del lettore che sfoglia con avidità le pagine, dal primo capitolo fino all’epilogo.

Praga, Roma, Sanremo, Terracina e Auschwitz fanno da sfondo alle variegate sequenze narrative. Interessante è la descrizione di una Praga all’indomani della liberazione dal comunismo, con ferite ancora vive ma in via di guarigione, perché finalmente libera. Sembra di vedere l’accogliente piazza dell’Orologio, il maestoso Castello, la città Vecchia e la città Piccola, le sue torri e guglie, l’enorme piazza San Venceslao, i bastioni, le diverse dimore di Kafka, il cimitero ebraico. Si sentono odori e si gustano piatti tipici boemi mentre si sorseggia il robusto rosso di Slovacchia.

Nelle storie dei protagonisti, appartenenti a generazioni e ambiti sociali differenti, la vita si snoda in tutte le sue sfaccettature: debolezze, sconforti, scelte, contraddizioni, dubbi, vizi e piccole manie, rabbie, grandi dolori, ingiustizie, crudeltà, rinunce, ricordi, fragilità, momenti tragici e drammatici, congetture struggenti, rabbia, rassegnazione, sesso, ideologie politiche, amore, amicizia, vuoti affettivi da colmare, spasmodica ricerca di verità e di risposte.  Importanti rivelazioni cambiano la vita drasticamente, diventando risposte a domande cariche di dubbi e approdo alla ricercata dimensione di “algida visione” e cioè quella più intima del cuore dove dimorano le emozioni.

Emblematica anche la presenza del gioco d’azzardo. I numeri, le loro combinazioni, le loro somme e i loro sistemi diventano le metafore di fragili certezze, di illusorie evasioni e vane speranze. È  come se in essi si cercasse la sorte a cui si è destinati, mentre questa è dentro di noi e nelle nostre storie nascoste.

È una lettura per tutti, vivamente consigliabile, a cui non si resta indifferenti e anima un dibattito interno con riflessioni che pullulano. La mente si apre e si apprezza di più la vita anche in quegli aspetti che possono sembrare insignificanti.

 

Daniela Vellani