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“No tengo n’idea”: emozionante, intrigante e pregevole il nuovo cd di Momo

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Una grande artista, unica, geniale, meravigliosa, ironica, creativa… non può essere che lei, Simona Cipollone, anzi Momo!

Di fronte alla sua arte poliedrica, dalle molteplici sfaccettature che spaziano tra poesia e filastrocca, narrazione e canto, musica e teatro, non si resta indifferenti. Il coinvolgimento è forte e ci si lascia andare nel mondo della fantasia e dei sogni, il mondo desiderato da chi è sensibile e ama.

E il suo ultimo lavoro presenta proprio queste peculiarità.

Si tratta di un album autoprodotto dal titolo eloquente, intrigante, ironico, suscitante simpatia e curiosità: No tengo n’idea.

E invece di idee ce ne sono e anche tante.

Si compone, infatti di ben dodici tracce variegate nei testi, nelle sonorità, nelle storie e negli stili, legate dal fil rouge della trasfigurazione della realtà.

Momo diventa un cantastorie, un tenero menestrello, un giullare di racconti ricchi e invitanti alla riflessione. Proprio così, alla riflessione, perché i testi, dal sapore poetico e malinconicamente romantico, a tratti “gaberiani”, sono mordenti, forti, talvolta amari o rabbiosi. Offerti con garbo, dolcezza e simpatia, infondono voglia di cambiare e di costruire un mondo migliore, dove predominano la natura con i suoi suoni, l’amicizia, l’amore, la voglia di stare insieme, al contempo fanno approdare in una dimensione ovattata, onirica e ricca di belle immagini, che sospende piacevolmente il tempo.

Si apre con Alibi, un brano vivace, fresco caratterizzato da un dialogo tra Momo e Attilio Fontana, coautore. I due attraverso una sequenza di domande e risposte tessono uno stuzzicante racconto musicale che si esprime in una melodia originale con giochi di parole rimati.

Amo chi sa ridere… e ancora più su ci spingeremo” sono alcune espressioni del secondo brano, La canzone della resistenza. E’ una canzone che esprime in pieno l’arte di Momo perché la musica originale ben si fonde con un testo assai interessante. Le sonorità variegate colorano e caratterizzano il brano dall’ espressivo aspetto folk, col violino virtuoso e crescente che interagendo luminosamente con la voce lo trasforma in una suite dal sapore zigano.

Metafore di svariati momenti di vita quotidiana a suoni che ricordano vagamente passi di danze dell’America latina delineano il brano successivo A rate.

La falsa si apre con un bel ritmo che accompagna il messaggio cantato e rivolto ad una immaginaria interlocutrice. Momenti in cui il canticchiare assume toni interessanti e a volte “saltellanti” e dall’ aspetto canzonatorio.

Meravigliosa canzone è Non ricordo, una toccante dedica alla madre affetta da Alzheimer. Il testo, dolce e forte al contempo, è eseguito con tenerezza e fa trasparire amore e sensibilità allorché comunica quell’angosciante senso di vuoto di memoria ormai incolmabile a cui un motivo “danzante” cerca invano di dare un senso: “Danza danza si muove la nebbia, svanisce il pensiero e nasce il sorriso…” parole meravigliose e intense… che ripetute piano piano, in punta di piedi svaniscono… come la memoria dissolvente.

Con una cadenza musicale che fa pensare ad una marcia decisa, la cui musica fluida si fonde col testo interessante, curato, di spessore e intriso di messaggi invitanti alla riflessione si presenta Le Contrade.

Con Non ho avuto il ritmo cambia e si fa frizzante per accompagnare un originale testo sprizzante di ironia in cui l’elencazione di tutte le “mancanze” diventano un racconto dove le contraddizioni e le incoerenze in cui tutti prima o poi finiamo vengono espresse al meglio.

Mò Mò si presenta con sonorità circensi che accompagnano un testo dai toni fiabeschi che trasmettono allegria e buon umore, e in cui la narrazione assume i toni di una filastrocca. Si tratta di un inno all’amore, all’amicizia, al voler stare insieme in cui sembra di assistere ad una performance teatrale ricca di fantasia e con briciole di sogno, soprattutto nella parte finale in cui il suo nome abbreviato, Mo’ Mo’, è più volte ripetuto.

Interessante è anche La lettera dal testo significativo, poetico, da cantastorie e dalle sonorità dal sapore rinascimentale “L’odore del mio naso cosa che vuoi sia…   parlerò di me e della vita mia … e della fantasia… della poesia…”

L’atmosfera cambia con Il pensiero strano dove una musica “da banda” si coniuga con il “cantastorie” e in alcuni momenti s’intreccia magicamente col flauto.

“Il mare, le nuvole, il silenzio nel vero momento di gloria… s’annulla la storia…se guardi in basso vedrai che la terra sta diventando mare… Non c‘è gravità che tenga…” si tratta di alcune parole di Oplà, una canzone interessante, ricca, in cui il suono del mare ne diventa il filo conduttore e conduce in una dimensione con salti nello spazio del tempo, oplà appunto, priva di dimensione, in cui gli elementi della natura, i suoi suoni, gli odori, l’aria si trasfigurano in poesia.

Si procede a briglie sciolte, con voglia di danzare grazie a echeggiamenti carioca, in una samba allegra, malinconica, briosa, con No tengo n’idea, il brano che conclude la sequenza e che tra musiche e testo è l’epilogo di una bella storia, narrata egregiamente e in modo coinvolgente da un’artista unica e decisamente brava.

Si tratta, dunque, di un disco fuori dagli schemi e dall’ordinario che non deve mancare a chi ama la buona musica, la poesia e la sensibilità.

 

Daniela Vellani