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Cao Fei in mostra al MAXXI con Supernova

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Passato e futuro si intrecciano nella rete di immagini, proiezioni e installazioni audiovisive ricreate all’interno della Galleria 5 del MaXXI. La mostra dell’artista cinese Cao Fei indaga il rapporto tra uomo e tecnologia, analizzando l’ossessione per il progresso ed il suo effetto sulla socialità, sull’ambiente e sullo sviluppo urbano. Intrecciando atmosfere da videogioco e interni foschi e degradati, Supernova offre una visione critica, ma non priva di fascinazione, di un mondo tecnologico in continuo movimento, stravolto da quella che nella storia della Cina viene chiamata Grande Rivoluzione Culturale.

La mostra, a cura di Hou Hanru e Monia Trombetta, si delinea in un percorso installativo che ricrea ambienti pubblici (come il cinema) o domestici (la casa dell’artista). Due film dell’artista, Haze and Fog (2013) e La Town (2014), vengono proiettati in galleria insieme ai suoi ultimi lavori: il film Nova (2019), ispirato alla storia senza tempo di Hongxia, il quartiere in cui vive Cao Fei, il lavoro in realtà virtuale The Eternal Wave (2020) e Isle of Instability (2020) commissionato da Audemars Piguet Contemporary.

Cao Fei omaggia la Cina contemporanea, che diventa metafora della società globalizzata e postindustriale, con la sua continua offerta di evasione virtuale. Se l’arredamento della sala, le luci ed i suoi padiglioni, mirano a ricreare l’impressione di un cinema, non mancano le contaminazioni al neon dei videogiochi. Una plasticità ricercata che evoca quel futurismo nostalgico alla Blade Runner in cui i confini dell’umano si confondono e mischiano con l’artificiale. Il tutto completato da un’estetica asiatica volutamente pop.

Supernova è un’ arcade, una salagiochi spaziale in cui è rappresentato il mondo contemporaneo con i suoi lati d’ombra e con la desolazione che accomuna l’era dell’industrializzazione e quella della pandemia.Una distopìa acida.

È così che si presenta il mondo di Cao Fei. Tra luci al neon e atmosfere morbose, il suo futurismo è contemporaneamente fumoso e scintillante e- con un richiamo esplicito all’esperienza della pandemia- domestico e allo stesso tempo urbano.

Un percorso straniante che fa da specchio alle paranoie dell’era post pandemica, con le sue illusioni di normalità, la solitudine, la luccicante via di scampo del virtuale.

 

 

 

Silvia Barbato

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