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“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti” – Luigi Pirandello –
Tante volte, troppe, abbiamo incontrato e incontriamo, nella nostra vita ‘personaggi’ che tendono a nascondere la loro vera natura. Capita a tutti, non sempre, ma di sicuro anche a noi, qualche volta è capitato di dover o voler indossare una maschera, che serviva per difenderci o per rinunciare alla nostra vera natura pur di essere accettati dagli altri.
“Tre personaggi in cerca di gloria”, di Mario Pellegrino, è una pièce teatrale incentrata proprio su questo tema molto importante e, purtroppo, molto attuale: ce lo ricorda la messa in scena di un provino per un programma televisivo, dove le protagoniste, a prima vista, superficiali e pacchiane, dimostrano di essere pronte a tutto pur di superare la prova. Vantano un talento, delle velleità artistiche e doti insuperabili, non nascondendo la disponibilità a sbaragliare le altre concorrenti anche con metodi poco leciti. Un quadro abbastanza fedele di ciò che vediamo tutti i giorni sia nel campo dello spettacolo che in quello politico e sociale.
L’idea del dottor Pellegrino è stata quella di portare in scena (grazie alla compagnia amatoriale “Loro di Drama”, diretta da lui e dalla dottoressa Rosaria Raspanti) un ‘quadro familiare’, le scene, cioè, nonostante il grottesco (volutamente cercato) rappresentano un vissuto di tutti noi, il pubblico non ha difficoltà a trovare dei punti in comune con le protagoniste, punti che possono essere le difficoltà a farsi accettare dagli altri, il coraggio di mostrarsi con le proprie piccole manie, la forza di combattere per i propri sogni nonostante le difficoltà che la vita ci pone davanti.
Molto toccante e intensa la parte finale del primo atto, quando due delle protagoniste affrontano la madre che avendole abbandonate da piccole, ha negato loro l’amore materno, ed è per questo che le due sorelle non riescono ad accettarla, non condividono le sue scelte. Fino a quando si ritrovano a vivere la medesima scena della vita: provare a superare le loro paure e realizzare il loro sogno. All’inizio la diffidenza delle figlie, alla luce di un rapporto difficile, fatto di silenzi, di paure e di incomprensioni sembra non portare alla soluzione del loro dramma, ma poi interviene un’amica e spiega il percorso doloroso e difficile che Chantal ha dovuto affrontare prima come madre e poi come donna, pagando un prezzo molto alto: la perdita dell’affetto delle sue figlie. Ma è proprio così? Si può perdere un amore come quello tra madri e figlie?
Un turbinio di emozioni intense, un pubblico sempre più “costretto” a confrontarsi e a mettersi in discussione.
Il secondo atto vede le tre protagoniste affrontare il provino, si sentono più forti perché ognuna di loro ha il proprio ‘santo in paradiso’, ma la verità è che non sempre ciò che appare soddisfa le aspettative di chi ci sta di fronte, ed infatti il principe presentatore non è disposto ad accettare questi compromessi, non vuole sottostare alle ‘solite regole’ di una società che ormai non bada più alle persone ma solo ai personaggi.
Si ritorna, improvvisamente, alla realtà, quella vera, la realtà che ci dovrebbe imporre di svestire i panni dei personaggi e di riappropriarci della vera identità, la nostra, quella fatta di paure, di sbagli, di rimpianti e di rimorsi, il gioco dei ruoli si deve invertire: il personaggio diventa persona, accetta le sue debolezze e i suoi limiti, ma non rinuncia al suo sogno, che può realizzare solo essendo se stesso.
Possiamo farcela solo così.
Giustina Clausino