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“Lo Governo nuosto senza farse né ghianco né russo, na vota se regola co l’antiche legge Napolitane e na vota co la legge Piemontese, a seconna che se trova meglio e le commene cchiù… “
La citazione riportata è estrapolata da “Lu cuntu de lu brigante Barone” di Angela Rosauro, dirigente scolastica, scrittrice di romanzi, poetessa e pittrice napoletana.
Il libro, recentemente pubblicato, è di grande pregio e invita il lettore alla riflessione e all’approfondimento su un argomento molto interessante: il brigantaggio vesuviano.
Frutto non solo di ricerche certosine effettuate dall’autrice, ma anche della creatività che la contraddistingue, con “amaro realismo” tratteggia la storia intrisa di passione, idealismo e coraggio della breve vita di Vincenzo Barone, ex soldato borbonico che si diede al brigantaggio e, tradito dalla sua amante Luisa Mollo, costretta dolorosamente a rivelare il suo nascondiglio, ne pagò le conseguenze. Intorno alla sua figura emergono aspetti conflittuali e contraddittori della società all’indomani dell’unità d’Italia: la realtà meridionale, la nobiltà, il latifondo, la borghesia, il malcontento, i problemi della popolazione del Sud, la speranza del ritorno dei Borboni, il Sanfedismo, la posizione del Vaticano.
Grazie alla ricerca effettuata dalla Rosauro emerge così una figura diversa del Barone da quella resa pubblica all’indomani della sua uccisione ad opera dell’azione governativa “…così fu necessario spogliare il giovane Vincenzo da qualsiasi velleità politica, relegarlo nei confini della microdelinquenza e soprattutto liberare la sua azione da qualsiasi connessione con il potentato sotterraneo: diventa un povero analfabeta che viveva di rapine e malefatte, in libero concubinaggio con la sua amante che pur di salvarsi non rinuncia a tradirlo…”
Il testo, preceduto dalla prefazione di Carmine Cimmino, dalla premessa e dall’introduzione della scrittrice, si suddivide in tre parti. La prima è costituita da un breve saggio storico, la seconda è una cronaca della vicenda che consente la comprensione delle cause e delle conseguenze delle azioni, la terza è un componimento teatrale in un unico atto ispirato alle carte processuali riguardanti le vicende della banda di Vincenzo Barone.
L’opera è molto interessante e di grande spessore culturale. L’autrice infatti ha il merito di aver coniugato la storia con le diverse tipologie narrative e ciò consente la focalizzazione del lettore su aspetti di un fenomeno storico e sociale spesso affrontato con superficialità e talvolta strategica trascuratezza.
Il lavoro nasce dall’analisi dei documenti riguardanti la banda Barone che dopo l’unità d’Italia imperversò alle falde del Vesuvio. Si puntano i riflettori su aspetti fino ad ora poco conosciuti e sulle testimonianze del malcontento che serpeggiava tra diversi strati della popolazione “…l’esistenza e la resistenza di molte di queste bande furono… agevolate ..da quelle frange di società i cui interessi gravitavano intorno alla casata borbonica e che nella loro guerriglia riponevano le proprie speranze di pressione e capovolgimento dell’assetto politico-sociale…molti giovani furono arruolati e spesso manovrati” e poi “abbandonati alle proprie sorti personali come nella maggior parte dei casi accade. E con ogni probabilità così accadde anche al giovane Vincenzo Barone.”
L’opera inoltre non solo è di grande valore storico, ma anche letterario. In alcuni tratti è delineata dai colori della lingua napoletana e non mancano aspetti poetici, musicali e romantici, soprattutto nella pièce teatrale. Sviluppata su due scenari e dimensioni paralleli, strutturata con dialoghi che danno voce ai protagonisti e alle testimonianze, presenta versi in rima come quelle dei cantori, una villanella, il testo integrale di “’A ‘ndrezzata” (Anonimo sec. XIV-XV) e una dolorosa e toccante dichiarazione d’amore. Le scene si snodano in un alternarsi della drammatica vicenda culminante col tradimento e la morte di Vincenzo Barone e dei suoi compagni. C’è anche una foto storica che ritrae il triste momento.
Interessante anche la copertina del libro con l’illustrazione di “Attesa” dell’autrice realizzata con tecnica mista china e acquerello.
Si tratta dunque di un’opera molto interessante da essere condivisa anche con le giovani generazioni per renderle più consapevoli di quanto avvenuto. Offre inoltre, spunto di una lettura drammaturgica da mettere in scena.
Daniela Vellani