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Domenica 28 ottobre, la Basilica SS. Annunziata Maggiore è diventata insolito palcoscenico di una visita teatralizzata – Figlie d’ ‘a Madonna – che ha condotto il pubblico attraverso i suoi magnifici spazi: la chiesa, la sacrestia, la cappella del tesoro e l’antico cortile dell’ospedale.
La basilica fa parte di un più ampio complesso monumentale formato anche da un ospedale, un convento, un ospizio per i trovatelli ed un “conservatorio” per le esposte.
Questo evento nasce dalla collaborazione dell’associazione culturale NarteA con il Teatro Insania (testi e regia di Antimo Casertano con Antonio Agerola, Antimo Casertano e Daniela Ioia)
e rappresenta un pezzo della rassegna culturale “1318 – 2018 L’Annunziata Maggiore: una bellezza lunga sette secoli”, realizzata in occasione del settecentenario della struttura.
L’esperienza del visitatore, già resa preziosa dagli interventi dettagliati della guida Matteo Borriello, è arricchita dalla messa in scena di performance teatrali, che lo rendono contemporaneamente spettatore e lo immergono nell’atmosfera dell’antica istituzione assistenziale napoletana, la Santa Casa dell’Annunziata, una delle più importanti del Regno di Napoli.
Nata nel 1318 con l’obiettivo di accogliere orfani e trovatelli, i “figli della colpa” (illegittimi) o “gettati per povertà”(abbandonati dai loro genitori poiché non potevano essere mantenuti), la Santa Casa dell’Annunziata di Napoli diventa famosa per la Ruota, passata alla storia come Ruota degli Esposti (dal cognome che si usava dare a tutti i “figli di nessuno”) dentro cui erano introdotti i trovatelli, prontamente soccorsi dalle premurose balie dell’istituto, che si sarebbero, da quel momento in avanti, prese cura di tutti loro.
Destino, questo, condiviso da moltissimi personaggi noti dell’epoca, tra tutti Vincenzo Gemito, che trova il suo riscatto proprio attraverso un’arte che egli stesso mette al servizio della società: “L’arte mia è comm’ a vit ‘e sti creatur: nun appartien a nisciun’ “, recita Antimo Casertano.
‘Il risultato è sorprendente: l’eco del dialetto, disperato e struggente, dei personaggi riecheggia sulle pareti severe ed imponenti della splendida basilica, amplificando l’impatto emotivo delle loro storie, ricche di dolore, per un trascorso così sofferto, ma anche di speranza per un futuro migliore.
“Chell’ ca pierd’ ogg’, raccuoglje dimman’”, risuonano così, piene di orgoglio ed, insieme, di fiducia, le parole di Vincenzo Gemito, che si fa portavoce di un messaggio positivo per tutti i Figlie d’ ‘a Madonna che sono arrivati e che arriveranno.
Federica de Paulis