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NTF2019: Daniel Pennac incanta con il suo carisma e il suo amore per la cultura

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foto Daniela Vellani

“C’è un momento in cui tutto il tuo organismo ti spinge a scrivere, almeno per me è così che accade e lì scrivi… in quel momento ti tuffi nella lingua, e la tua lingua, italiano per te e francese per me, diventa un elemento naturale. E’ come se ti tuffassi in una piscina… e una volta immerso nella struttura della lingua stai benissimo, sei quasi in un liquido amniotico, tutto accade senza difficoltà, le parole di cui hai bisogno si presentano… ti senti come un direttore d’orchestra al quale tutto riesce… tu sei sott’acqua, ma poi devi uscire dall’acqua e tornare nella realtà sociale… familiare, le amicizie… l’insegnamento…” (D. Pennac)

Si può essere contemporaneamente carismatici e umili, grandi e semplici, intellettuali e divertenti, saggi e ironici? Certo, e la prova è una persona dotata di una grande bellezza in tutte le sue sfaccettature e di una energia positiva immensa: Daniel Pennac.

Il celeberrimo scrittore francese, assieme a Massimiliano Barbini e a Ludovica Tinghi, giovedì 27 giugno 2019, ha incontrato centinaia di persone a Made in Cloister nel suggestivo Chiostro di Santa Caterina al Formiello a Napoli, grazie a un progetto a cura del Centro Delle Arti della Scena e Dell’Audiovisivo (C.A.S.A.) nell’ambito di Napoli Teatro Festival Italia.

L’incontro è stato un vero e proprio viaggio nel pianeta della lettura, della scrittura e nella creatività, condito da una massiccia dose di cultura e le sue parole riportate in apertura del reportage ne sono un esempio.

Tra domande, risposte, coloriti e intriganti, oltre che divertenti, racconti di aneddoti e citazioni interessanti, si è creata una sorta di familiare e accogliente salotto letterario che ha coinvolto tutti, facendo sopportare l’aria opprimente di un pomeriggio particolarmente afoso.

Inizialmente si è focalizzata l’attenzione sulla lettura e tra scambi di domande tra Barbini e Pennac con l’espressiva traduzione simultanea della Tinghi, ci si è soffermati sull’appetito e la golosità della lettura, su come e dove nasce la voglia di leggere, sulla lettura ad alta voce.

 “La lettura è un appetito, a volte c’è a volte no… cosa scatena la voglia di leggere?” “Il libro è una sorta di sostituto di un amico che ti racconta una storia… e per te?” “Non riesco a definire… è un appetito e un bisogno di fuggire da quello che sto vivendo… leggo in metropolitana, tantissimo in ospedale, se potessi dal dentista… Inizio a leggere contro qualcosa: contro la pioggia, contro il dolore… e solo dopo leggo per leggere, ma una volta che sono dentro il libro la ragione per cui sono entrato non esiste più.”

E a proposito di ciò, divertente e al contempo interessante è stato quando Pennac ha raccontato delle letture eseguite ad alta voce dalla moglie durante i viaggi, “lettura contro la lunghezza del viaggio”, e facendo riferimento alle distanze chilometriche tra una località ed un’altra come ad esempio da Pisa a Nizza confrontate con la lunghezza di un romanzo, gli è venuta la simpatica idea di elaborare un “atlante stradale dei libri”.

Ci si è soffermati poi sul rapporto tra scrittura e letture. “Scrivo perché ho letto o scrivo per raccontare ciò che vivo? Gli scrittori occidentali devono tantissimo a quanto letto, ma ciò non è vero per quelli americani” A tal proposito Pennac ha espresso il suo desiderio di porre questa domanda a Erri De luca.

Naturalmente non potevano mancare domande sul suo passato di insegnante e a questo proposito ricorda il suo professore che arrivava con una borsa piena di libri che rovesciava sulla cattedra e comunicava agli alunni che avrebbe fatto lezione di ignoranza e prendeva un libro sconosciuto ai ragazzi, ad esempio uno di Calvino, e lo leggeva e poi passava a Madame Bovary che tutti gli allievi credevano di aver letto e che invece avevano l’impressione di leggere per la prima volta. Il suo professore, insomma, ogni volta che leggeva resuscitava un libro.

Non poteva mancare una domanda sull’importanza dell’incipit. “Generalmente viene subito per la voglia di scrivere… ma ci sono incipit pericolosi che ti piacciono talmente da non riuscire ad andare avanti.”

Innumerevoli sono piovute le domande dei presenti a cui Pennac ha risposto arricchendo di volta in volta l’incontro con nuovi esempi e racconti delle sue esperienze. Alla domanda sugli scrittori che senza successo continuano a scrivere, lui ha risposto citando Pessoa che non ha mai pubblicato ciò che scriveva perché non si preoccupava di essere letto e riponeva i suoi innumerevoli scritti in una valigia, rinvenuta dopo la morte. Un’altra domanda ha riguardato qual è il miglior modo per invitare gli alunni a leggere e lui ha risposto che si deve partire da ciò che li appassiona di più e condividere l’interesse senza porre troppe domande sul dopo-lettura. Ancora domande: “La lettura è dei lettori?”, “Il rapporto con la scrittura?” “ È lei che sceglie le storie o sono le storie che scelgono lei?”

Si è poi soffermato sull’importanza dei dialetti e sulla mancanza di diversi termini nella lingua francese presenti invece in altre lingue come “vincitrice”, ricordando, poi, l’argot, una lingua che in Francia nasce per non essere capita, argot degli operai, argot dei minatori, delle famiglie…

E una curiosità: a questo proposito ha rivelato che sta scrivendo un dizionario delle parole inesistenti francesi.

Di fronte alla inevitabile domanda sul blocco dello scrittore lui ha risposto che nei periodo in cui è refrattario alla scrittura chiama i suoi amici e piange.

Quando gli è stato chiesto se si può vivere senza scrivere, Pennac ha elencato cinque interessanti principi che sono un invito a riflettere: 1 Se non è una necessità non scrivere 2 Se vuoi scrivere devi sopportare la solitudine 3 Sii paziente perché i tempi sono lunghi 4 Non ti prendere per uno scrittore (e sono serio) 5 Non immaginare che vivrai della tua penna.

L’incontro si è concluso con una domanda rivolta ai tre protagonisti sul momento in cui hanno amato la lettura e quando ha preso la parola Pennac è tornato sul concetto di lettura-contro. La sua prima lettura era infatti contro i collegi, gli studi e  le autorità. Di notte e di nascosto leggeva “I tre moschettieri”. Ogni volta che terminava una parte ne scriveva il seguito e poi faceva il confronto tornando alla lettura e ha dovuto ammettere, scherzando, che Dumas era un “po’ migliore”.

 

Daniela Vellani