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Oggi, nell’anniversario della sua nascita, vogliamo ricordare lo scrittore, drammaturgo, poeta e traduttore Samuel Beckett.
Nato a Dublino il 13 aprile 1906, da una famiglia protestante, studiò francese, italiano e inglese al Trinity College di Dublino tra il 1923 e 1927 e si laureò con un Bachelor of Art ricevendo la medaglia d’oro per i suoi eccellenti risultati. Qualche anno più tardi, Beckett alla Ècole normale supérieure di Parigi conobbe James Joyce con cui instaurò un profondo rapporto di amicizia.
Nell’ottobre 1969, mentre trascorreva una vacanza in Tunisia con sua moglie Suzanne Dechevaux – Dumesnil, venne insignito del premio Nobel per la letteratura “per la sua scrittura, che – nelle nuove forme per il romanzo ed il dramma – nell’abbandono dell’uomo moderno, acquista la sua altezza”.
Considerato uno degli scrittori più influenti del XX secolo, Beckett, è senza dubbio la più significativa personalità di quel genere teatrale e filosofico che Martin Esslin definì Teatro dell’Assurdo.
Il suo capolavoro, Aspettando Godot, venne scritto verso la fine degli anni quaranta e pubblicato in lingua francese nel 1952. La prima rappresentazione si tenne a Parigi nel 1953 al Théâtre de Babylone. Fu poi lo stesso Beckett nel 1954 a tradurre l’opera in inglese.
Dopo Aspettando Godot Beckett scrisse diverse opere teatrali di successo tra le quali ricordiamo Finale di partita (1957), L’ultimo nastro di Krapp (1957), Giorni felici (1961).
L’importanza e la bellezza delle opere di Beckett è testimoniata dal fatto che ogni anno, in tutti i teatri d’Italia, c’è sempre uno o più dei suoi spettacoli in cartellone.
Anche in questo anno nefasto per il teatro, erano previste molte rappresentazioni beckettiane.
Aspettando Godot era atteso a novembre, ad esempio, al Teatro Audaci e al Teatro Ghione di Roma; al teatro di Napoli era previsto L’ultimo nastro di Krapp spostato a data da destinarsi, il 14 marzo 2021 la compagnia teatro linguaggi – Fondazione Teatro della Fortuna, sovvenzionata dalla regione marche (AMAT) ha messo in scena, in streaming, il riadattamento Still Waiting- Verrà Sicuramente Domani.
Ritornando al capolavoro indiscusso di Beckett, Aspettando Godot, possiamo dire che il dramma, scritto in due atti, ad un certo punto sono talmente simili che si fondono tra loro, e lo spettatore, alla fine, ne vede uno solo. Un testo stringato, sulla scena pochi personaggi, la cui vita scenica ruota tutta attorno ad un’assenza. Si è in attesa di Godot – ma se esista davvero, non è dato saperlo – tutto ruota intorno a questa figura costantemente nominata, che però non si fa mai presenza reale. E nel Teatro dell’Assurdo, la sensazione di questo blocco temporale, irreale, crea un transfert nello spettatore, che ad un certo punto sente quasi di soffocare, di patire questa “privazione” e resta come assente, sospeso, irrequieto…
Volendo fare un’analogia con ciò che stiamo vivendo, viene spontaneo chiedersi, oggi più che mai, quanto è diversa la nostra situazione rispetto a quella di Didi e Gogo? Quella scena vuota, tranne per l’albero che scandisce il tempo, non è forse lo stesso spazio vuoto dove adesso ci troviamo forzatamente tutti noi?
Ed il settore della cultura, dello spettacolo, delle arti visive, quanto altro tempo deve stare in attesa?
Arriverà Godot, questa volta?
Paola Improda