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Napoli, al Teatro Bellini, è di scena: “Chi ha paura di Virginia Woolf?”

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virginia

 

Dal 26 al 31 gennaio, al Teatro Bellini di Napoli, Milvia Marigliano, Arturo Cirillo in:  “Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee (traduzione di Ettore Capriolo)

con

Martha Milvia Marigliano

George Arturo Cirillo

Honey Valentina Picello

Nick Edoardo Ribatto

 

scene Dario Gessati

costumi Gianluca Falaschi

luci Mario Loprevite

regista collaboratore Roberto Capasso

assistente alla regia Giorgio Castagna

assistente scenografo Lucia Rho

assistente costumista Cristiana Di Giampietro

fotografo di scena Diego Steccanella

regia Arturo Cirillo

Martha e George sono una coppia di mezza età che ha invitato a casa Honey e Nick, due giovani sposi che hanno appena conosciuto. In un vorticoso crescendo di dialoghi serrati, con la complicità della notte e dell’alcool, il quartetto si addentra in una sorta di gioco della verità che svela le reciproche fragilità individuali e di coppia. Il risultato della serata è un gioco al massacro, una sfida collettiva alla distruzione di sé e degli altri, che rende ogni personaggio, allo stesso tempo, vittima e carnefice…

 

Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee ha debuttato a Broadway nel 1962. Dello stesso autore sono degne di nota: “A Delicate Balance” (1966), “Seascape” (1975) e “Three Tall Women” (1991), che gli valsero tre premi Pulitzer. Del 1966 è la versione cinematografica di “Chi ha paura di Virginia Woolf?” che rese celebre E.Albee in tutto il mondo: il film, diretto da Mike Nichols, ha come interpreti Elizabeth Taylor e Richard Burton nei ruoli di Martha e George, George Segal e Sandy Dennis nelle parti di Nick e Honey. Il titolo della pièce “Chi ha paura di Virginia Woolf?” gioca con le parole della canzoncina Chi ha paura del lupo cattivo? (Who’s Afraid of the Big Bad Wolf?) ed è il motivetto che Martha e George canticchiano ogni tanto, dall’inizio alla fine dello spettacolo.

Note di Regia

Il testo Chi ha paura di Virginia Woolf? credo sia una potente macchina attoriale, cioè penso che esista fortemente in funzione del teatro. Come certa drammaturgia contemporanea, penso a Spregelburd per esempio, non è tanto nella sua lettura che si coglie la vera qualità della scrittura, ma nella incarnazione umorale e psicologica che avviene, quando si incomincia a lavorare con gli attori. Un teatro che usa un linguaggio naturalistico, ma che non si preclude una possibilità più astratta, anzi direi che la sottende. Già il basso continuo dato dallo stato di alterazione alcolica presuppone una forma di recitazione sporca. Come anche invita verso una estremizzazione la valenza fortemente simbolica dei quattro personaggi, con la coppia più giovane specchio e parodia di quella più anziana, accomunate da un problema di genitorialità. Un testo bulimico ed estremo, sismico, che mi ha fatto pensare ad una scena smossa essa stessa, sconnessa, che ti scivola sotto i piedi. Una scena che va in pezzi, si spezza, crolla, come il nostro Occidente incapace di uscire da se stesso e vedere il mondo. Il tutto a ritmo di batteria, colpi su colpi.

Il testo di Albee è una spietata riflessione sulla nostra cultura, sul nostro egocentrismo, sul nostro cinismo, e sull’amore. Come in un gioco al massacro, come in un interrogatorio o in una tortura, siamo in un stanza, un salotto, in una notte di sabato, dove pian piano si dà inizio ad un sacrificio, un esorcismo. Giocando e recitando ci si trova davanti alla propria distruzione, allo stato di noia che nasce dopo la perversione, a quel non sapere più cosa fare dopo aver fatto fuori tutto. Nel distruggere l’altro si distrugge se stessi, e poi ci si trova soli con l’altro, due solitudini a confronto, senza più difese, senza più riti che ci proteggono, senza più teorie analitiche che ci consolano; soli e spaventati da tutto quello che la nostra mente non ci voleva far vedere. Soli davanti alle proprie paure, come un bambino nel bosco, o di notte con i propri incubi. E poi, forse, quando sta per nascere l’alba, immaginare di potersi prendere cura di sé, e dell’altro, con dolcezza e morbidezza.

 

Arturo Cirillo

 

 (…) Martha-che l’intensa Milvia Marigliano molto bene gioca tra volgarità, rimpianto, cattiveria, fragilità infantile (..) Cirillo disegna ottimamente George con i toni di chi conosce il proprio disastro e, cinico gioca la propria partita, sadico negli “a fondo” con l’altra coppia che trascina nel suo turbine distruttivo. Generazioni che massacrano generazioni. Bravi anche Valentina Picello e Edoardo Ribatto.

Magda Poli – Corriere della Sera

 

(..)Una “verità” che arriva, quasi commossa da Arturo Cirillo, molto bravo nei panni di George, buffamente dolente, rassegnato ma non servile, cui fa da contraltare, oltre alla “sicumera” di Edoardo Ribatto, e l’isteria dolorosa di Honey che Valentina Picello rende bene, Milvia Marigliano, attrice solida e brava (..)

Anna Bandettini – La Repubblica

                                                                                

Questa violenza a fior di pelle, gratuita ma anche stolidamente e disperatamente reale credo abbia affascinato Arturo Cirillo, che ne firma l’incisiva, intelligente regia, per la forza non solo emotiva e verbale ma proprio fisica e cerebralmente crudele che guida i personaggi.

Maria Grazia Gregori – Delteatro.org

 

(..)La messa in scena di Cirillo non solo non sfigura ma brilla di luce unica, il palco pare uno schermo da cui appaiono visioni spettrali ma, per qualche ragione, anche potenzialmente, nello strazio, rigeneranti

Roberto Mussapi – L’Avvenire

 

Tournée

  • 2 | 6 febbraio – Milano (Teatro Menotti)
  • 7-8 febbraio – Casale Monferrato (Teatro Municipale)
  • 9-10 febbraio – Cremona (Teatro Ponchielli)
  • 17 | 21 febbraio – Cagliari (Teatro Massimo)
  • 23 febbraio – Lumezzane Bs (Teatro Odeon)
  • 26 febbraio – Montegiorgio (Teatro Comunale D. Alaleona)
  • 9 |13 marzo – Venezia (Teatro Goldoni)
  • 16 | 20 marzo – Padova (Teatro Verdi)
  • 27-28 aprile – Piacenza (Teatro Comunale)
  • 11 | 14 maggio – Bari (Teatro Kismet)