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Da Lo cunto de li cunti, le fiabe seicentesche che Gianbattista Basile scelse di raccontare in lingua napoletana, ci arrivano ancora ispirazioni, rielaborazioni, questa volta la nota novella de “La gatta cenerentola”, ritorna a rivelarsi, tra le tante versioni a cui ha dato ispirazione, in una sfida non facile e vestendo sempre di stracci, ma in un singolare tempo fermo tra presente e futuro, una favola dal cuore antico e dai contorni moderni. La Gatta Cenerentola portata al cinema, stavolta, è un film di animazione diretto da Ivan Cappiello, Dario Sansone, Marino Guarnieri e Alessandro Rak, quest’ultimo si era già cimentato nel pluripremiato L’Arte della Felicità, sempre prodotto da Mad Entratment, una casa di produzione napoletana, in grado di fare concorrenza ai cartoons giapponesi e che si conferma quale eccellenza nelle produzioni di animazione cinematografica.
Nelle sale dal 14 settembre il film, in concorso alla sezione Orizzonti del Festival di Venezia, è un musical e una favola noir, non a lieto fine. I personaggi che traggono le voci dagli attori protagonisti, Alessandro Gassmann e Maria Pia Calzone per arrivare ad un insuperabile Massimiliano Gallo che interpreta il principe camorrista, Salvatore Lo Giusto, hanno dei tratti distintivi che li connotano perfettamente. La nostra Cenerentola si chiama Mia ed è muta, Vittorio Basile, il padre scomparso dai sogni avveniristici, richiama nel cognome l’autore indimenticabile del testo originale e nel nome, come svela Rak, il Vittorio De Sica regista che tanto ha dato alla città di Napoli, è interpretato da Mariano Rigillo.
Il film è ambientato a Napoli ma la città non la si vede, la si respira, non solo nel linguaggio scelto, nei modi di dire, negli approcci, atteggiamenti e strascichi tipici, nella camorra che strisciante l’attanaglia, qui protagonista. La storia si svolge tutta nella nave Megaride, attraccata nel porto di Napoli che da progetto avveniristico, troppo per una città che non sa e non vuole cambiare, si trasforma a relitto semiallagato.
L’elemento magico di cui la favola ha bisogno è questo retro futuro parallelo, in cui la storia si proietta grazie agli ologrammi mentre i registi svelano che l’animazione ha consentito la libertà necessaria e i tempi per trasporre la favola nella storia cercata e gli ologrammi residui delle invenzioni avveniristiche di Vittorio Basile aggiungono un ulteriore piano narrativo alla storia, consentendo di giocare con il tempo. Numerosi i simbolismi, come i gatti, che sottolineano lo stato di abbandono della nave. La matrigna, da sempre figura chiave della storia di cenerentola, è la bella Angelica Carannante, a Napoli le tre sorellastre diventano quattro, tre e un femminiello, grottesche e spietate. La Cattiveria di Angelica, invece, è più indotta da una rassegnazione alla lotta per la sopravvivenza, ha un sottofondo amaro, della donna ingannata da ‘o Re, Salvatore Lo Giusto, perfetto archetipo del camorrista e del degrado culturale in contrapposizione con la speranza, appena proiettata, da Vittorio Basile.
La musica che accompagna lo stato d’animo dei personaggi perfettamente, come afferma Rak, è stata appositamente realizzata, di pari passo alla progressione visiva. La colonna sonora è curata da Enzo Gragnaniello, i Foja, Francesco Di Bella, Daniele Sepe, I Virtuosi di San Martino, Guappecartò, Marlboro Recording Society, Ilaria Graziano e Francesco Forni mentre le musiche sono originali di Antonio Fresa e Luigi Scialdone, sono la ciliegina su questa eccellente produzione.
Lucia Dello Iacovo