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“Il nome del figlio”: paure recondite della “famiglia” italiana nel film di Francesca Archibugi

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Il 22 gennaio, tra le varie uscite al cinema, è stata presentata la nuova pellicola nata dalla regia di Francesca Archibugi  e scritta in collaborazione con Francesco Piccolo, coraggioso remake del francese “Cena tra amici” del 2012. “Il nome del figlio”, questo è il titolo della commedia coprodotta da Virzì con Motorino Amaranto, nella versione italiana si svolge a Roma, in un appartamento del quartiere Pigneto.

il nome del figlio

Amici da sempre Betta (Valeria Golino), il fratello Paolo (Vittorio Gassman), il marito Sandro (Luigi Lo Cascio) e Claudio (Rocco Papaleo) intavolano, intorno alla scelta del nome del figlio di Paolo e Simona (Micaela Ramazzotti), una discussione che dalla provocazione allo scherzo diventa sempre più scomoda, rivelatrice di opinioni recondite che gli uni hanno degli altri, di problemi irrisolti dei protagonisti, delle profonde differenze. Radical chic Betta e Sandro, intellettuale snob di sinistra fissato con i social network e in netto contrasto con la figura di Paolo, burlone e sbruffone sulla falsa riga della figura che fu di suo padre ne “Il sorpasso”.  Serrati e, a tratti, avvincenti i dialoghi perdono di convinzione nel ruolo ricoperto da Micaela Ramazzotti, burina e perfetta moglie di Paolo, scrittrice raccomandata (ruolo perfettamente cucito) che si riscatta dando una lezione di vita a tutti, mostrando d’aver colto il sentimento di Claudio e della suocera Lucia che a tutti loro era sfuggito. I quattro personaggi potrebbero essere leggeri stereotipi dei diversi prototipi di italiano medio, anche simpatici, se spietatamente non si scavasse andando nel fondo delle loro miserie e, tra un rimpallino e l’altro, non si scoprisse che Paolo non è poi così strafottente nella sua ignoranza, e che, se Kant non l’ha mai capito, il giudizio del padre brucia ancora nei suoi ricordi. Discutendo, anche l’apparente serenità di Betta crolla, mostrando tutta la sua solitudine di casalinga e moglie trascurata da un marito intellettuale; in preda dei moderni social network, Sandro, che pure cade dall’alto della sua cattedra alzando gli occhi dallo smart phone solo nel momento più forte della discussione, quando anche le sue certezze vacillano.

Bravo ed equilibrato Papaleo, indiscussa la classe di Gassman. Nel complesso la commedia è godibile e dà diversi spunti di riflessione. Avvincenti i flash back dei protagonisti dall’età adulta all’adolescenza mentre cantano “Telefonami tra vent’anni” di Lucio Dalla. Il finale all’italiana con la Ramazzotti in sala parto e le scene reali della nascita di sua figlia, sdrammatizza e conferma che, alla fine, ci si vuole tutti bene a riprova anche del debole di Virzì per la “famiglia”.

Lucia Dello Iacovo