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Sabato 18 agosto, la compagnia giovane del Nuovo Teatro Sanità arriva al theaterkohlenpott di Herne, per il debutto dello spettacolo “I Kiwi di Napoli”, scritto daPhilipp Löhle, drammaturgo tedesco associato del Teatro Maxim Gorki di Berlino, per il Nuovo Teatro Sanità e per Cities on the Edge, progetto ideato dal Goethe-Institut di Napoli e di Marsiglia, che coinvolge dieci realtà operanti nell’ambito del teatro, della danza e della musica, che svolgono attività in aree definite marginali o di disagio.
Lo spettacolo viene presentato nell’ambito del summer-camp Pottfiction, e vede in scena la compagnia under 30 del ntS’, composta da Vincenzo Antonucci, Luigi Bignone, Anna De Stefano, Simone Fiorillo, Carlo Geltrude, Gaetano Migliaccio, Beatrice Vento, Federica Totaro. L’adattamento e la regia sono del regista e attore ventisettenne Carlo Geltrude, con il coordinamento artistico di Mario Gelardi.
Nel 2018, grazie a Cities on the Edge, sono nate tre produzioni che affrontano attraverso il linguaggio della musica, del teatro e della danza le tematiche dell’utopia e del lavoro. A Herne, oltre al lavoro del Nuovo Teatro Sanità, vanno in scena “Opus” del coreografo Ben Fury, con I giovani di Marsiglia, Flo, Jeff, Jikay, Lilokey, Mzé Boogie, Tiga e “In passato tutto era peggio di oggi … tranne il futuro”, realizzato dai giovani di Bochum e Herne, con la direzione artistica di Inga Sponheuer, Manuel Moser, Sandra Sanchez.
Alla prima, a Herne, sarà presente anche il Sottosegretario per Affari Culturali Internazionali del Ministero degli Affari Esteri di Berlino, Michelle Müntefering.
Un’occasione unica per I giovani attori del Nuovo Teatro Sanità, che portano in scena il testo “I kiwi di Napoli”, nato da una residenza che il drammaturgo tedesco Philipp Löhle ha condotto presso il Nuovo Teatro Sanità, a gennaio scorso. L’autore, che ha già collaborato con il teatro Sanità per lo spettacolo “Noi non siamo barbari!” (Wir sind keine Barbaren!), diretto da Mario Gelardi e prodotto dal Goethe Institut di Napoli, ha raccolto una serie di interviste fatte ai giovani attori che compongono la compagnia, e con loro ha visitato la città, facendo confluire il materiale nella stesura del suo testo.
“I kiwi di Napoli” vuole raccontare il capoluogo partenopeo, in particolare le paure delle nuove generazioni viste con gli occhi dell’autore Tedesco, cercando di attreversare il velo sottile di luoghi comuni che esiste tra due culture, quella italiana e quella tedesca, che l’autore prova a spazzare via.
La vicenda si dipana attraverso le storie di un gruppo di giovani che, se all’inizio appaiono indipendenti l’una dall’altra, trovano nel finale un filo rosso che le unisce. Tre storie, tre emergenze, tre tipi di paura che attanagliano la mente dei protagonisti. La paura di non trovare lavoro e di potersi realizzare nella propria città; la paura che la criminalità organizzata possa occupare e gestire in qualche modo la propria vita e la paura atavica, quella che ereditiamo da generazioni, rappresentata dalla grande montagna assopita che può svegliarsi da un momento all’altro.
A proposito del nuovo lavoro di Löhle, il direttore artistico dello spettacolo Mario Gelardi ha spiegato: «Con “Noi non siamo Barbari!” abbiamo fatto un percorso al contrario rispetto a quello che ha portato avanti Philipp ne “I kiwi di Napoli”: abbiamo messo in scena un testo che risentiva fortemente della mentalità tedesca. La sfida più grande è stata riuscire a restituire alcune visioni lontane dalle nostre facendole passare attraverso la nostra mentalità, il nostro modo di fare teatro, i nostri codici. Alla fine ci siamo riusciti: i miei attori si sono trovati a riflettere sulla necessità di entrare in una cultura, una mentalità e una lingua diversa. Ma il teatro è lingua universale, l’ispirazione e la voglia di sperimentare hanno fatto il resto».
Lo spettacolo parteciperà a dicembre al Circle festival, realizzato con il sostegno del MIBACT e SIAE. Nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata peri giovani, per lacutura”.
Lavorando col coreografo Ben Fury, giovani di Marsiglia hanno realizzato “Opus”, una performance in cui usando la tecnica del popping, (breakdance), i giovani ballerini hanno studiato i gesti usati del mondo del lavoro che, in alcuni campi, creano meccanizzazione e alienazione (pausa, ripetizione, esaurimento nervoso, isolamento).
Il coreografo Ben Fury e i suoi ballerini analizzano questi diversi aspetti del tema lavoro. In numerosi laboratori sull’improvvisazione hanno trascritto questi temi nella qualità dei loro movimenti, realizzando una coreografia della durata di 20 minuti. La musica svolge un ruolo fondamentale. Il sound-designer è ispirato alla mondo della musica elettronica: la musica diventa per i giovani ballerini uno strumento che li aiuta a eseguire i loro movimenti con la precisione di un chirurgo. La performance di danza mette in discussione la realtà del mondo del lavoro e il ruolo che assume nella società di oggi.
“In passato tutto era peggio di oggi … tranne il futuro” è lo spettacolo realizzato dai giovani dell’area tedesca, partendo da alcune fondamentali domande: “Qual è il ruolo di chi oggi lavora nell’era della digitalizzazione? Come vengono affrontate dallo Stato e dalla politica le nuove sfide del presente? Il gruppo Pottfiction di Bochum e Herne elabora in una performance e in un’installazione artistica questi interrogativi. Gli spettatori vengono invitati a interagire. Infine diventano essi stessi un oggetto- un simbolo del consumatore digitale. Alla fine resta la domanda: davvero prima era tutto peggio di ora?”
Una produzione di Schauspielhauses Bochum in collaborazione con Theaterkohlenpott e Pottfiction