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Sabato 28 aprile, a un Unbelfatto festival, Tony Laudadio ha presentato il suo ultimo libro, accompagnandolo ad una perfomance musicale, assieme al suo gruppo storico degli anni ’90, i Calebasse, in una serata jazz dai contorni indefiniti, dall’alto del Belvedere di San Leucio, da sempre vista incomparabile sulla città di Caserta. E dove meglio proporre un libro in cui la città è protagonista pur restando sempre sullo sfondo, dove c’è ma non si vede, la si attraversa senza nominarla mai?
L’attore, ormai scrittore al suo quarto romanzo, si racconta come un musicista mancato, anche piuttosto impegnato; da qui si comprende il parallelismo tra parola e musica protagonista dell’introduzione al suo romanzo. Così Laudadio dà inizio alla serata, legge con la sua voce calda, impostata, da attore consumato. Mentre in sottofondo i Calebasse suonano, avvia le parole che arrivano nell’aria come una sferzata nell’armonia del clima quasi estivo: “La parola è la sorella stronza della musica. È invidiosa, perfida, ti convince a fidarti di lei mentre parli, e dopo ti accorgi di aver fatto un disastro. Anziché aiutarti a costruire ponti, si affanna a distruggerli.” L’introduzione, niente male.
Il titolo stesso del romanzo è imprestato dalla musica, da un pezzo di Duke Ellington, “Prelude to a Kiss”, sulle cui note il protagonista del romanzo, Emanuele, riceve un colpo che gli spacca la testa. La musica fa da filo conduttore, non solo perché Emanuele è un sassofonista, un clochard che vive suonando per strada, ma dall’indice vediamo che ogni capitolo, che ha il nome di un colore, è accompagnato dal titolo di un brano musicale: volendo lo si può ascoltare durante la lettura.
La serata si alterna tra la lettura dell’autore e le interviste, così scopriamo qualcosa in più su quest’ultimo lavoro dello scrittore che ha voluto, stavolta, omaggiarci di un romanzo delicato, che pone lo sguardo sulla città da parte di un clochard, la sua veduta sulla gente, su una comunità che si sente sempre un po’ provinciale, spesso tagliata fuori dai grandi eventi; una prospettiva che fa scattare una sorta di complicità tra Emanuele e il cittadino che non può non riconoscerla, anche senza ch’essa venga mai citata se non gli innumerevoli riferimenti, noti solo a chi la vive ogni giorno. Il libro è godibile nelle diverse chiavi di lettura, parimenti dai non casertani, e a diversi livelli a chi può cogliere invece evocazioni dedicate alla città, creando un legame in più con il romanzo.
Uscito solo a marzo scorso, edito da NN Editore, diverse sono le domande che si affollano durante la serata. A noi, che lo abbiamo notato molto impegnato già in diverse presentazioni, dice che ovviamente è felice del successo che già riscuote il libro e si dedica con piacere a questa ulteriore fatica. Scritto in realtà in pochi mesi, racconta Laudadio, ma revisionato per diverso tempo ancora, come spesso accade, in una rifinitura fin all’attimo prima della stampa. A chi gli chiede quale messaggio porta questo romanzo risponde sicuro che un romanzo deve saper porre delle domande, non dare risposte, né insegnamenti morali; secco afferma che “quando un artista vuole far passare un messaggio fallisce in partenza.” Una domanda che invita spesso a porsi questo libro è “cosa farei se perdessi tutto, se non avessi più niente?” L’autore confessa di essersi spesso chiesto “cosa farò se non riesco a campare di arte?” durante l’inseguimento del suo sogno. Svela laconico la sua risposta a questa domanda: “prendo il sassofono e vado ad un angolo di strada a suonare!”
Nonostante si definisca una persona iper-realista, Tony Laudadio invita, con questo libro, a farsi trasportare dall’incanto, abbandonando i sentimenti più diffusi del momento: il cinismo, i sentimenti negativi portati di frequente proprio dalla cruda realtà, dalla quotidianità. Non a caso il romanzo è ambientato nel periodo natalizio, forse l’unico che riesce a far prevalere i sentimenti più positivi a scapito di un atteggiamento ormai dilagante, che porta alla nascita dei cosiddetti “haters.” Intercalando pone l’attenzione al bisogno di quelle qualità femminili che dovrebbero accompagnare tutti, di cui c’è sempre bisogno e per cui ha una particolare ammirazione: l’accoglienza, la sensibilità, la speciale percezione delle cose. Ad un certo punto cita: “di cos’altro può scrivere un uomo se non di una donna.”
Prendiamo ancora brandelli della sua lettura: “Guardo il cielo, la notte si ripiega su di me mentre il mio sassofono la blandisce con la sua purezza brandelli di una melodia informe fuoriescono dalla sua bocca e io giungo alla conclusione di essere un uomo pieno di poesia, di intuito, mi sento davvero intelligente, d’altronde data la mia situazione attuale sono il primo a dubitare delle mie conclusioni.”
Ci appare a tratti una scrittura Bukowskiana, non abbiamo ancora letto Preludio ad un Bacio ma lo stringiamo con la sua copertina rossa fra le mani, annusando le 217 pagine e comprendendo che saranno una buona compagnia.
Lucia Dello Iacovo