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Il prossimo appuntamento teatrale al Nuovo Teatro Sanità vedrà in scena, sabato 11 e domenica 12 aprile, “Anime Dannate”, con protagonista Tina Femiano, accompagnata sul palco da Francesca Fedeli, per la regia di Riccardo De Luca, che firma anche la drammaturgia.
Lo spettacolo si propone di entrare nelle pieghe di temi delicati come la maternità, il dolore, l’amore. E De Luca lo fa attraverso i testi di Luigi Pirandello e di Eduardo De Filippo, in un serrato confronto tra i personaggi di Mariagrazia de L’altro Figlio e Filumena Marturano, le cui parole si frizionano poeticamente tra loro, in un continuo rincorrersi di rimandi lirici. A questo proposito spiega De Luca: “Come non scorgere Pirandello, dietro i funambolici, machiavellici giochi di Filumena Marturano. E come lei, anima dannata e potente madre è Maragrazia de L’altro figlio. Entrambe, prima come donne e poi come madri, sono in epico scontro con l’inferno”.
La figura di Maragrazia de L’altro Figlio è un’esistenza tormentata, fragile e spietata al contempo, non vuole accettare quell’unico figlio che le sta accanto, perché frutto di una violenza carnale. D’altra tempra è invece Filumena Marturano. Forte, calcolatrice, imbrogliona, in Filumena è talmente forte e centrata la sua condizione di madre, da non esitare ad ingannare, senza scrupoli, Domenico Soriano, pur di proteggerli e garantire loro un futuro accettabile, un destino diverso dal suo. Due donne diverse che si riconoscono nella sofferenza: Maragrazia e Filumena sono accomunate da una vita di stenti, in cui hanno patito molto e dalla loro condizione di esser madri, che le rende capaci di tutto. In Anime Dannate le parole di una diventano quelle dell’altra, fino a confondersi, e le loro vicende si specchiano e si capovolgono.
E sono ancora le parole di De Luca a raccontare quel nucleo di poesia e verità su cui si costruisce il suo racconto scenico: “La povertà delle due donne unita alla povertà dell’ambiente e degli uomini che le circondano è forza devastante e condizionante al massimo per le due esistenze. Nessuna delle due sarebbe stata quello che poi sarà, se non perché costrette da altrui volontà anch’esse dipendenti da altre costrizioni. L’inferno, dunque, sono gli altri“. E continua, in riferimento alla messinscena: “In scena questi personaggi sono soli e a volte dialogano con altri personaggi che non vediamo e che sono dalla parte del pubblico. Questo crea un voluto isolamento dei personaggi e della loro personale storia che vorremmo si scrutassero come attraverso una lente d’ingrandimento e che dall’inferno di queste acrobate dell’esistenza arrivasse un umano segnale.”
Il racconto dolente è scandito dai canti di Sergio Bruni, che interagiscono drammaticamente con le protagoniste, le quali si alternano nel parlare con una voce fuori campo, con personaggi immaginati e con Ninfarosa, quasi un ironico alter-ego di Maragrazia, anche lei espressione di quell’universo di sconfitti, che il lavoro di De Luca intende raccontare e rappresentare.
NOTE ALLO SPETTACOLO
Due storie di madri, Maragrazia e Filumena, sciagurate e terribili. “Sciagurata e terribile femmina” – scrive di Filumena Silvio D’Amico – “che dopoessersi fatta sposare con un anello da un’amante egoista, si rifiuta di rivelargli quale dei tre figli di lei sia figlio anche di lui, e gli impone d’accettarli, con elastica fede, tutti e tre.” Come non scorgere Pirandello, dietro i funambolici, machiavellici giochi di Filumena Marturano. E come lei, anima dannata e potente madre è Maragrazia de “L’altro figlio”. Entrambe, prima come donne e poi come madri, in epico scontro con l’inferno.
La povertà delle due donne unita alla povertà dell’ambiente e degli uomini che le circondano è forza devastante e condizionante al massimo per le due esistenze. Nessuna delle due sarebbe stata quello che poi sarà – a teatro il passato non esiste – se non perché costrette da altrui volontà anch’esse dipendenti da altre costrizioni. “L’inferno” dunque, “sono gli altri”.
Ecco un altro incontro – tra i tanti, nelle pieghe della scrittura, nella trama della cultura, nei segni dei personaggi – tra Pirandello ed Eduardo. E un ideale scontro, tra i pochi, attraverso il confronto a distanza tra le protagoniste di queste due storie: la tragicomica Maragrazia e la drammatica Filumena. La crudelissima storia di Maragrazia che si specchia e si capovolge nella vicenda di Filumena.
Perché Maragrazia è madre violentata e rifiutandosi persino di allevare e di riconoscere il figlio avuto, l’altro figlio – ritorna il sartriano infernale“altro” – imbocca la via dell’ automortificazione; e come curiosamente spesso accade a chi la imbocca, la spettacolarizza. I due figli nati precedentemente alla violenza diventano per lei oggetto di culto, ne fa infatti degli inetti. E quando questi emigrano e non danno più notizie, passerà il tempo a farsi fare inutili lettere da spedire ai due fuggiaschi e a ripudiare odiosamente l’aiuto che l’altro figlio le continua sempre a offrire, distruggendone la vita e automortificando la propria facendosi randagia, cenciosa, ripugnante, patetica, tenerissima morta di fame.
Filumena, come Maragrazia, prima subisce ma quando diventa madre, al contrario di Maragrazia che confonde e sostituisce il vero “altro” nemico sociale e umano con l’altro figlio, questa stessa maternità – poco importa se attraverso la Madonna delle rose o che – le darà la forza di reagire. Con astuzia, senza moralismi e persino con cinico istrionismo Filumena tenta d’imporre la “sua” verità; e lasciandola poi sedimentare, l’impone. Maragrazia nega convinta la maternità a l’altro figlio perché il suo sangue si ribella. E quindi istintivamente, selvaggiamente vive la terribile dissociazione della verità, perché anche lei – come tutti – ne ha una irrefutabile. E come Maragrazia pirandellianamente assurge a simbolo di una realtà nostra ancor oggi perduta nei mille rivoli delle verità diverse ecco che Eduardo con Filumena ci offre una via d’uscita – con valore dignitosamente autoaffermativa e non autolesionistica – che Pirandello e i suoi personaggi non hanno saputo o potuto trovare.
La prima storia si concentra sulla spettacolarizzazione che Maragrazia stessa fa di sé, svelandosi, spiegandosi poi nel finale. Con lei dialoga e interagisce Ninfarosa, una spregiudicata donna che ha il compito di mettere a nudo le negatività del comportamento di Maragrazia e di tutta la loro sconfitta comunità di povera gente. Ludicamente, la multiforme Ninfarosa ha il compito – per contrasto – di fare apparire ancor più lugubre la vicenda dei conterranei, ché quando appare, drammaticamente, “pare che splenda il sole”. Non meno protagonista di Maragrazia, Ninfarosa è senz’altro il suo dialettico, ironico opposto e anche se fortemente reagente alle sue disgrazie, esce anch’essa probabilmente sconfitta in quanto senza quell’ “amore” di cui avrà dono Filumena, con cui riscattarsi e quindi sola, schiacciata da una comunità di sconfitti.
Non é sola Filumena: la sua maternità é spinta e fonte per il suo stesso riscatto esistenziale. Contro la realtà e con violenza d’attuazione – ideale, quindi – per rialzarsi, combattere, esistere. Dice di Filumena Domenico Soriano, con disprezzo: “una donna che non piange, non mangia, non dorme!” al contrario di Maragrazia, che piange, piange, piange e mangia, avidamente, seppure resti di cibarie datole per carità, e non ha difficoltà a dormire persino per terra, per strada. Anzi è soddisfatta. Anima in pena e dannata – come Filumena – Maragrazia dà dunque spettacolo di sé. Anche Filumena lo fa ma in certo senso da regista fingendosi attrice, perché obbliga gli altri ad agire secondo i suoi intenti. Pirandelliana, eppure concretamente al di là della tragedia di Pirandello.
In scena questi personaggi sono soli e a volte dialogano con altri personaggi che non vediamo e che sono dalla parte del pubblico. A volte dialogano con voce fuori campo; con i versi delle canzoni; con la voce registrata del cantante – affascinante e terribile andare in tono con Sergio Bruni! – che diventa testo anch’esso. Questo crea un voluto isolamento dei personaggi e della loro personale storia che vorremmo si scrutassero come attraverso una lente d’ingrandimento: e che dall’inferno di queste acrobate dell’esistenza arrivasse un umano segnale.
Riccardo De Luca
Info e prenotazioni:
Programmazione:
sabato 11 aprile ore 21.00
domenica 12 aprile ore 18.00
Nuovo Teatro Sanità, Piazzetta San Vincenzo 1, Rione Sanità – Napoli