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Venerdì 9 febbraio al Teatro Bolivar di Napoli è andato in scena lo spettacolo intitolato “Le verdi colline dell’Africa” scritto, diretto ed interpretato da Sabina Guzzanti, in scena assieme a Giorgio Tirabassi.
L’attrice romana porta sul palcoscenico un personalissimo tributo al testo “Insulti al pubblico” dello scrittore e drammaturgo Peter Handke, premio Nobel per la Letteratura nel 2019.
“Insulti al pubblico” è un’opera teatrale che sfida le convenzioni tradizionali del teatro. Senza una trama o personaggi definiti, l’opera si concentra sull’interazione diretta con il pubblico stesso. La provocatoria scrittura di Peter Handke, senza fronzoli, mira a risvegliare il pubblico dal suo torpore intellettuale e a far riflettere sul vero scopo della rappresentazione teatrale e dell’arte. La mancanza di scenografia e di personaggi tradizionali mette in evidenza il potere delle parole e dei corpi in scena, coinvolgendo gli spettatori in un’esperienza teatrale unica, dissacrante, provocatoria e coinvolgente. La forza dell’opera risiede nella sua capacità di ipnotizzare e provocare riflessioni, anche solo attraverso la lettura, poiché richiama l’attenzione sul ruolo attivo del pubblico nella creazione del significato teatrale.
Attraverso la sua interpretazione, Sabina Guzzanti riesce a fare proprio il testo “Insulti al pubblico”, trasformandolo ed adattandolo in modo unico, come se lo cucisse addosso, rendendolo un’espressione autentica della sua arte. Lo spettatore rimane sbalordito dall’attesa dell’inizio dello spettacolo “Le verdi colline dell’Africa”, solo per rendersi conto che questa attesa non sarà mai soddisfatta. Questa rottura delle aspettative lascia lo spettatore confuso ed incerto sulla direzione della scena e sulla verità che essa potrebbe rivelare.
Sul palco, Sabina e Giorgio si impegnano in questo gioco di ruoli. Da una parte Sabina non intende recitare “Le verdi colline dell’Africa”, preferendo aprire delle discussioni sul ruolo del teatro e dell’arte, interagendo col pubblico, cercando delle reazioni e delle risposte da e nel pubblico stesso. Dall’altra parte c’è Giorgio che è motivato principalmente dall’esigenza economica di essere pagato per poi pagare il mutuo, quindi citando spesso la produttrice dello spettacolo “Domitilla Pomicino Urbano Scorza” vuole iniziare a recitare la pièce.
Sabina Guzzanti nel suo ruolo di punto di rottura porta avanti importanti affermazioni e riflessioni: il teatro è un lusso per nutrire l’anima, e rifiuta invece l’idea di un’arte che debba servire solo a staccare la spina. La Guzzanti enfatizza e mette in evidenza la necessità di costruire e di promuovere un teatro vero ed autentico che vada oltre la mera evasione e che stimoli la riflessione. Sostiene che la cultura debba portare alla ricerca di risposte e sollevare interrogativi profondi sulla società e sull’umanità. Tuttavia, sottolinea che questa prospettiva non è ben vista dalla politica, la quale potrebbe preferire un approccio più superficiale o convenzionale alla cultura.
L’attrice romana con la sua creatività ed il suo talento, prosegue su questa linea esplorando il suo mondo satirico e comico. Continua a sottolineare l’importanza di un teatro vibrante, che sia spiazzante, vivo ed innovativo. Fondamentalmente, suggerisce che se alla fine dello spettacolo non si sa di cosa si è parlato, allora è stato rivoluzionario. La sua battuta “abbiamo fottuto l’algoritmo” riflette la volontà di andare oltre le convenzioni e di sfidare le aspettative, creando un’esperienza teatrale unica ed irripetibile.
Sabina Guzzanti, con il suo stile unico, mescola battute che riflettono sia la società che il mondo politico. Le sue osservazioni possono toccare argomenti come il mondo dei social media e la politica, con riferimenti chiari e diretti. Ad esempio, fa notare ironicamente che la trama de “Le verdi colline dell’Africa” può cambiare a seconda della corrente politica dominante. Inoltre con le sue battute sul mondo omosessuale e sulla fluidità, Sabina esplora i punti critici, le ossessioni e le contraddizioni della società contemporanea, offrendo uno sguardo satirico e provocatorio.
L’evoluzione dello spettacolo passa attraverso diverse fasi. All’inizio, c’è un conflitto intenso ed un’interazione vivace tra i due attori ed il pubblico che esprime in maniera autentica il proprio sentire. Tuttavia, con il passare del tempo, si avverte una sorta di riconciliazione, dove spettatori ed attori cercano dei punti in comune ed un accordo. Sabina Guzzanti continua su questa linea, invitando gli spettatori a vivere insieme e suggerendo l’idea di costruire una comunità con regole, codici e visioni della società condivisi. Propone addirittura l’idea di trasferirsi tutti nel piccolo borgo di Narni, offrendo un modo tangibile per realizzare questa visione di comunità.
Quindi arrivati a questo punto della pièce, c’è una sorta di finale che richiama momenti significativi. Di fronte ad una minaccia, Sabina Guzzanti utilizza i bauli sulla scena, come barricate. Questo richiama alla mente quello che è successo a Milano in Piazza Duomo durante il lockdown, quando gli artisti e coloro che rappresentano il mondo dell’arte scesero in piazza portando i bauli per far sentire la propria voce. Questo concetto, durante lo spettacolo, è importante, poiché simboleggia la difesa dell’arte, del teatro, della cultura e della libertà di espressione. Questo finale appassionato e significativo offerto dalla protagonista sottolinea l’importanza di difendere le passioni, le idee ed i valori condivisi.
Accanto alla visione e al messaggio dell’intero spettacolo, è necessario riconoscere il talento e la bravura dell’’attrice romana, che ha dimostrato una straordinaria capacità di imitazione, di impersonare e di creare caricature nel corso della sua lunga carriera, e lo dimostra anche in questo spettacolo. In particolare, si mette in scena interpretando il ruolo, in chiave ironica e caricaturale, della produttrice teatrale dello spettacolo “Le verdi colline dell’Africa”, Domitilla Pomicino Urbano Scorza che richiama i suoi personaggi più riusciti. Ed accanto a questa performance riuscitissima, è capace di trasformarsi in un polipo o diventare un lupo mannaro, dimostrando la sua versatilità e la sua capacità di intelligente ironia.
Ersilia Marano