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A Roma la prima grande mostra dedicata a Jago. Palazzo Bonaparte si trasforma in uno studio d’artista e accoglie alcune delle opere più suggestive dello scultore.
Nel cuore di Roma, a pochi metri dall’Altare della Patria, una mostra spettacolare dedicata all’autore del celebre Figlio Velato e della Pietà contemporanea, con la curatela di Maria Teresa Benedetti.
JAGO- The Exhibition riunisce per la prima volta le opere più controverse e mediatiche del giovane artista, offrendo una panoramica del suo percorso autoriale, dalle sculture ricavate dai sassi di fiume a quelle monumentali in marmo di Carrara. La mostra sarà visitabile fino al prossimo 3 Luglio.
Ma chi è Jago? All’anagrafe è Jacopo Ceccarelli, classe 1987. Dopo un percorso formativo tutto italiano ed una prima esposizione alla Biennale di Venezia all’ età di 24 anni, Jago raggiunge la fama internazionale con il busto di Benedetto XVI (successivamente trasformato nel 2016). Oggi le sue opere sono esposte in Cina e negli Stati Uniti.
Un talento che anima la tecnica antica della scultura attribuendole significati contemporanei e concettuali. Le opere di Jago non sono mai soltanto prove di- seppur strabiliante- tecnica. I dettagli sono il primo aspetto che colpisce della pietra resa impalpabile dagli strumenti dell’artista: veli di marmo setoso, le vene di un braccio, le pieghe della pelle minerale dei suoi soggetti. Jago dona la leggerezza ad una materia pesante per definizione e tradizione artistica.
Ma Jago è altro. Se l’esecuzione tecnica è evidente al primo impatto, è sempre accompagnata da altri piani di lettura, rendendo l’artista capace di raccontare una continua rimediazione di significati. E’ il caso del famoso busto di Papa Benedetto XVI, che dopo la rinuncia si ‘spoglia’ letteralmente degli orpelli marmorei, rimanendo esposto in quanto uomo e non più simbolo (Habemus Hominem, 2016). L’intero atto di spoliazione del busto è stato ripreso e condiviso in una narrazione mediale del processo artistico che diventa parte integrante dell’opera.
Dietro Jago c’è un concept fatto di dialogo con il pubblico, attraverso l’arte e attraverso i media. Al passo con la comunicazione contemporanea, l’uso dei social permette all’autore di relazionarsi con una community attiva.
Come espresso dallo scultore: “…La mia scultura è lingua viva. Utilizzare una lingua non significa copiarla. Mi riconosco in un linguaggio e lo adotto: sento l’esigenza di realizzare un collegamento con quello che vedo, senza spirito di emulazione. Sono me stesso.”
Tra la riflessione e la provocazione, il percorso della prima grande Exhibition ha il grande pregio di impressionare e incuriosire anche coloro che non conoscono l’artista e la sua storia. Una storia che riesce ad emergere con una forza brutale dal marmo, liberando sta volta non solo un soggetto intrappolato nella pietra, ma un’idea.
di Silvia Barbato