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“Se trovate pezzi di anima e di cuore, qui in questo teatro, non preoccupatevi, sono i miei. Sono quelli che ho lasciato nell’ascoltare, nel cantare e raccontare queste canzoni che hanno fatto breccia nella mia vita”, dice Luca Barbarossa mentre racconta ed esegue i brani che ha scelto per lo spettacolo che ha tenuto, ieri sera, al Teatro Bolivar, canzoni tratte dal suo libro “Cento storie per cento canzoni” e che dà anche il titolo al tour che sta portando in giro nei teatri italiani.
Ed è così che Luca Barbarossa, in un teatro pieno, sorprende il pubblico, trasformandosi in un appassionato e delicato cantastorie, trasportando tutti nel suo mondo di emozioni vissute, ascoltate, studiate e, soprattutto, cantate.
Lo accompagnano, egregiamente, Claudio Trippa alle chitarre e il polistrumentista Alessio Graziani, entrambi musicisti della Social Band, ci sono poi, le suggestive proiezioni, dell’Antica Proiettereia, perfettamente complementari agli argomenti e ai personaggi tematizzati.
Barbarossa è padrone del palco, parla, racconta, interagisce col pubblico, che ricambia con entusiasmo con applausi a scena aperta, ad ogni nota, ogni volta che si riconosce in un pezzo della propria vita. E i pezzi sono tanti, tutti bellissimi, tutti che toccano corde del nostro vissuto. Come si fa a non sentire i brividi alle prime note di Ritornerai di Bruno Lauzi, il primo momento della serata, ha già dato il la al turbinio di emozioni che nota dopo nota, racconto dopo racconto, ti danno la sensazione di essere fuori dal mondo, in una dimensione che è difficile trovare ai giorni nostri.
Lo nota anche il protagonista della serata, quando dice che non è così scontato trovare una sala piena, un pubblico attento e partecipativo. No, non lo è affatto.
Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto
prima che riesca a vedere il cielo?
E quante orecchie deve avere un uomo
prima che ascolti la gente piangere?
E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia
che troppa gente è morta?
la risposta, amico mio, se ne va nel vento,
la risposta se ne va nel vento…
Non si può restare certo indifferenti, quando si ascoltano le note e le parole di Blow in the wind di Bob Dylan, e come non sentirla più che mai viva e tragicamente attuale. E Barbarossa parla e racconta episodi realmente accaduti, sui quali si è informato, e ne ha cercato le origini. Così quando racconta le curiosità che si nascondono dietro ognuna di esse, si ha la percezione di essere in quel contesto storico, di rivivere quelle sensazioni, perché legate sicuramente al nostro vissuto o a quello che proviamo e ricordiamo attraverso ogni singola canzone.
La musica, le canzoni, si sa, raccontano le trasformazioni della nostra società, le battaglie per i diritti civili, le piccole grandi rivoluzioni del costume, i suoni delle diverse epoche, e da epoche del passato, a volte, ci si attinge per elaborare e creare nuovi brani.
La scaletta del concerto, richiama, ovviamente, al suo libro, i pezzi scelti sono quelli che Luca porta nel suo cuore e che hanno dato una svolta alla sua vita, più di uomo che di musicista, come racconta egli stesso.
Ci sono brani di Lucio Battisti, Bob Dylan, i Beatles, Paolo Conte, Franco Battiato, Francesco De Gregori, Lucio Dalla e tanti altri, il recital è la condivisione di queste emozioni, di questi fotogrammi, di questi momenti.
Momenti che sicuramente hanno attraversato la nostra vita, e grazie ai racconti, agli aneddoti e alle curiosità che Luca Barbarossa regala, li sentiamo più nostri e ne siamo ancora più consapevoli.
Anche quest’anno il Bolivar, grazie alla direzione artistica di Anna Evangelista e Stefano Scopino (Nu’ Tracks) può vantare un cartellone ricco di spettacoli notevoli.
Ad maiora!
Giustina Clausino