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“Dove sono nata io c’è un accumulo di disperazione da cui devi andare via prima o poi”
Si apre così “Una guerra”, lo spettacolo che ha visto protagonista Anna Foglietta, domenica 27 ottobre al Teatro Bolivar di Napoli, accompagnata dal violoncellista Francesco Mariozzi.
Il testo curato da Michele Santeramo è un’opera intensa e carica di pathos, in cui la tragedia personale e universale emerge attraverso un linguaggio drammatico e profondo. Santeramo, noto per la sua capacità di gestire cambi di registro e di plasmare trame complesse, mette in scena una storia che, attraverso i toni crudi della tragedia, esplora il sacrificio ed il dolore di una madre in fuga dalla guerra.
“La mia peste è la cosa da cui sono dovuta guarire, se vuoi salvare qualcuno, comincia da te”
La protagonista, interpretata da Anna Foglietta, diventa un potente veicolo espressivo per trasmettere la durezza del viaggio di una madre che affronta sfide inimmaginabili per mettere in salvo i propri figli. Il viaggio attraverso il Mediterraneo, simbolo di speranza ma anche di pericolo, incarna i temi del rischio, della disperazione e della lotta per la sopravvivenza.
L’uso della novella di Catalina e Gentile, dal Decamerone di Boccaccio, come riferimento all’interno dello spettacolo rafforza la connessione tra il passato ed il presente, offrendo una potente riflessione sulla tragedia dei migranti e dei barconi. Il Decamerone, scritto durante la peste nera, rappresenta un esempio letterario di come la narrazione possa diventare una via di fuga dalla sofferenza e dalla tragedia collettiva. Allo stesso modo, la rilettura di Santeramo suggerisce che la storia dei migranti contemporanei possa essere vista sotto questa lente: una tragedia globale, ma anche personale, che trova nel racconto una forma di guarigione.
“Ogni storia guarisce qualcuno. È arrivata la storia che mi ha guarito da questa peste che mi portavo addosso”
La scelta di intrecciare questa tragedia moderna con la novella boccaccesca non è solo un omaggio ad un grande classico, ma diventa un modo per sottolineare che le storie di sofferenza, amore e sacrificio si ripetono attraverso i secoli. In Catalina e Gentile, si parla di gesti d’amore magnanimi e di salvezza, un tema che risuona profondamente con il viaggio della madre protagonista, che si spinge fino all’estremo sacrificio per proteggere i propri figli.
Il Decamerone non è solo una fuga da una peste fisica, ma anche una ricerca di sollievo dai mali interiori e dai dilemmi esistenziali, proprio come il reading di Anna Foglietta tenta di fare con il malessere attuale della migrazione, della guerra e della perdita. Le novelle di Boccaccio funzionano come specchio attraverso cui possiamo esaminare la nostra condizione contemporanea: un’umanità che cerca risposte e guarigione dai propri dubbi e paure, senza lasciarsi sopraffare dalle ideologie o dalla retorica politica. Questo collegamento tra la peste medievale e le tragedie odierne rende l’opera universale e senza tempo.
In questo senso, il racconto diventa un modo per ritrovare una sorta di salvezza collettiva ed individuale, non solo per la protagonista, ma anche per il pubblico, chiamato a riflettere sulla natura umana, sull’amore e sulla resilienza.
Anna Foglietta diventa e da voce alla nave, al mare e alla madre in fuga, trasformandoli in personaggi con corpo ed anima vibrante.
“Sono una barca di legno non trattato ed esiste una legge tra noi barche: chiunque tu abbia a bordo devi portarlo a riva. Questo è il nobile lato della mia vita”.
Anna Foglietta, con la sua interpretazione, riesce a dare profondità ed autorità al testo di Santeramo, caratterizzato da cambi di registro che rendono ogni momento imprevedibile ed intriso di tragedia.
La sua capacità di attraversare questi passaggi con intensità e sensibilità dimostra una padronanza del linguaggio drammatico e del testo stesso.
Forse, il ruolo più complesso e simbolico che l’attrice affronta è quello del mare, che sembra quasi diventare il vero protagonista dell’opera. In questo contesto, il mare non è solo un elemento naturale, ma assume i tratti di un Nettuno spogliato di qualsiasi tratto umano, una forza primordiale ed indifferente e crudele della vita. La scelta di non ridurre la performance ad un personaggio umano tradizionale, ma di incarnare un’entità così vasta ed imponente, mette in luce l’abilità trasformativa di Anna Foglietta, capace di dare voce e corpo ad un simbolo
“Io sono dappertutto, non sono un Dio e non ho un Dio. Io torno sempre a me. Io sto e so stare per me, tutto è insignificante e piccolo. Dicono che sia cattivo e cinico, io non so niente. Io sono il mare e sono condannato alla mia vita.”
Il mare, in questa interpretazione, è una presenza costante e minacciosa, che travolge tutto ciò che incontra, proprio come una guerra e la sofferenza nella vita dei personaggi. Anna Foglietta riesce a trasmettere questa inesorabilità con forza, diventando una sorta di rappresentazione fisica delle emozioni più oscure che il mare evoca: paura, angoscia ed abbandono.
La sua performance, quindi, non si limita a dare vita ad un singolo personaggio, ma diventa un veicolo per esplorare i temi più profondi del testo: la lotta per la sopravvivenza, l’indifferenza del destino e la fragilità umana di fronte alle forze inarrestabili della natura e della vita.
Il successo della sua prova d’attrice è pienamente meritato, grazie alla sua capacità di incarnare una complessità così vasta e di far vibrare lo spettacolo di una tensione continua.
La scena più tragica dello spettacolo vede la madre, interpretata da Anna Foglietta, costretta a scegliere quale dei due figli salvare durante la fuga: decide di salvare il figlio più grande, perché più forte e più pronto alla vita. Il figlio più piccolo, invece, viene lasciato al mare, che si prenderà cura di lui. Questo atto disperato, quasi darwiniano, riflette la crudeltà delle circostanze e l’impotenza della madre di fronte ad una scelta impossibile, esprimendo l’estremo dolore di una tragedia umana e la brutalità della guerra.
“Questo non è un mondo per gli indifesi. “
Alla fine dello spettacolo, che ha ricevuto lunghi applausi e ha mantenuto il pubblico in sala in un silenzio profondo per circa un’ora, Anna Foglietta ha parlato dell’importanza di affrontare temi come la guerra. Ha sottolineato quanto sia cruciale che gli artisti continuino a dare voce a queste questioni, usando il loro lavoro per sensibilizzare e far riflettere. L’arte, infatti, ha il potere di esplorare la complessità del dolore umano, ed in questo caso, la Foglietta ha portato il pubblico a confrontarsi con realtà dure e difficili, come la tragedia della guerra e delle scelte impossibili
Ersilia Marano