“I demoni di Pausilypon”, fantasia, realtà, ricerca e ironia nel nuovo libro di Pino Imperatore

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Un libro speciale, originale, arricchente, di quelli che, quando si arriva alle ultime pagine, si cerca invano di rallentare la lettura per prolungare l’immedesimazione e il coinvolgimento. Stiamo parlando dell’ultima opera di Pino Imperatore, I demoni di Pausilypon – Neapolis 22 A.C. La Prima indagine di Virgilio (HarperCollins, 384 pagine, 2024).

Man mano che si sfoglia, si viene catturati dalla storia e travolti da un’irresistibile avidità di conoscenza.

Si tratta di un romanzo storico in cui, grazie a un vincente intreccio di fantasia, realtà e ricerca, le vicende spaziano tra personaggi reali e inventati, fatti storici, ambientazioni accurate, scenari suggestivi, tradizioni e leggende.

Il protagonista è nientemeno il celeberrimo autore dell’Eneide, Publio Virgilio Marone. Insieme a lui agisce un altro personaggio storico, il politico eques Publio Vedio Pollione, amico di Virgilio e Cicerone, proprietario della lussuosa tenuta i cui resti si possono ancora ammirare a Napoli, presso il Parco Virgiliano, sull’amena collina di Posillipo a strapiombo sul mare.

I due sono affiancati da numerosi altri personaggi: tra questi i collaboratori del “vate”, come lo scriba Proculo e la domestica Petelia, e poi gli eques, i domestici, i factotum, gli schiavi, le guardie del corpo, i faccendieri, un medico, una profetessa (la Sibylia cumana) e Fosco il cane adottato da Virgilio, Proculo e Petelia. Tutti sono accuratamente presentati nelle prime pagine del libro, come nella migliore tradizione giallistica.

La storia è, infatti, un noir, e Virgilio nelle vesti di scrittore e dispensatore di saggezza viene chiamato da Pollione a indagare sul misterioso ed efferato assassinio di uno dei sei eques suoi ospiti, Lepido, dato in pasto alle murene in una grande piscina della villa, Pausilypon.

Da qui si dipana una scia di sangue “seriale”, in cui gli interrogativi sorgono da indizi, testimonianze e ritrovamenti, in un intreccio avvincente, ricco di suspense, colpi di scena e momenti di sottile ironia, tratto distintivo della penna di Imperatore. L’ironia emerge anche nella scelta dei nomi attribuiti ai personaggi e in alcuni episodi chiave del racconto.

Attraverso dialoghi, descrizioni e capitoli con cronache datate e localizzate che costituiscono enigmatici antefatti, il lettore attraversa la città di Napoli e i suoi dintorni, con una ricostruzione storica minuziosa di come appariva ai tempi dell’impero di Augusto. Si solcano le acque del golfo, si ammirano i panorami mozzafiato, si percorrono i cardines entra nelle thermae, nelle palaestrae, nei negotia, nelle tabernae, nelle domus con i loro atrium, impluvium, peristilio, tablinum, cubicula, culina, lavatrina, scriptorium, hortus. Si immaginano i sapori dei cibi e delle bevande del prandium dell’epoca, si assiste a giochi, si osservano gli abiti e le solae, si scandisce il tempo dall’hora decima all’hora tertia: insomma si viaggia nel passato diventandone parte.  

Il romanzo, oltre a mostrare l’indiscutibile qualità stilistica e letteraria dell’autore, è il frutto di un lavoro certosino e preciso. I lettori scoprono il lato piacevole della lingua latina, non legato agli aspetti didattici, ma alle sue caratteristiche etimologiche e culturali. Si rispolvera la storia, osservandone le dinamiche dall’interno e si riflette su aspetti fondamentali della vita e sulle grandi domande sul bene e sul male. Il romanzo mette a confronto i momenti di ieri con quelli di oggi, giungendo alla consapevolezza che, sebbene cambino i costumi, le mode, il linguaggio e le abitudini, temi come la discriminazione, lo sfruttamento, l’immigrazione, la schiavitù, le differenze sociali, la violenza, i pregiudizi, le ipocrisie, il valore della libertà, la voglia di giustizia, l’integrazione e l’inclusione rimangono costanti attraverso le epoche.

Al di là della trama e dei protagonisti, il romanzo comunica messaggi forti, importanti capaci di toccare le corde emotive del lettore e di invitare alla riflessione, contribuendo alla crescita etico-sociale e culturale. L’aspetto culturale è, infatti, di grande importanza: oltre al continuo approccio con la lingua latina, il libro è un’occasione per approfondire le opere di Virgilio, stuzzicando la curiosità del lettore.

Il libro si conclude con una interessante nota dell’autore, intitolata Audentis fortuna iuvat, e con un glossario che definisce i termini, i detti, le località e i personaggi mitologici citati nella storia.

È un’opera che merita attenzione, adatta a tutte le età e consigliabile anche come lettura di approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado.

Daniela Vellani

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