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Napoli, in Sala Assoli, dal 9 all’11 febbraio, emozione per “Sovrimpressioni”, il progetto di e con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, liberamente ispirato al film del 1986 “Ginger e Fred” di Federico Fellini. Sovrimpressioni è lo spettacolo che ha consacrato il legame lavorativo e artistico di Deflorian e Tagliarini, per anni in scena insieme condividendo l’amore per il palco e la drammaturgia. L’occasione in Sala Assoli è stata di un dolce saluto per commemorare il lungo percorso conseguito insieme, alla vigilia della sua rottura per proseguire individualmente nuovi progetti.
“Mi sto rincoglionendo”
Con Cecilia Bertozzi e Chiara Boitani nei panni di due truccatrici, Daria e Antonio vengono preparati per andare in scena. I due sono ai lati di un grande tavolo diviso da uno specchio, con, intorno alla scena, il pubblico tutto ad ammirarli. Lei è logorroica, riempie i silenzi con mille fantasie che escono dal cervello e trovano voce con le parole che riempiono la stanza. Beve alcol, forse per offuscare i pensieri che le pesano nella testa. Confessa a lui la voglia di mettersi comoda, di stare in ciabatte, del piacere provato nel mettere le cose in ordine come le sedie sotto il tavolo, di andare a fare la spesa, di fare sempre le stesse cose come mangiare alle sette e trenta di sera. Consapevole però che una volta salita in scena, lei non penserà più a tutto ciò.
Lui invece è indulgente, confuso, in bilico a farsi domande sul futuro, anche se non l’ha mai fatto prima. Si sente un “semi-vecchio”: quello stadio di mezzo in continua tensione in cui ci si sente tirare giù, sempre più giù, anche se si fa di tutto per mantenere, resistere, “finché non molli e sei vecchio”. La voglia di illudersi, ma in verità basta un dettaglio, talmente vulnerabile, che per diventare vecchi è un attimo.
“Ho il pensiero a stella”
Daria e Antonio raccontano la storia di un passato edulcorato che diventa realtà. Il tempo scorre e dimostra come “quando una cosa è tutta finta, diventa tutta vera”. Lei, suggestionata da tutto e affaticata dalla vita, prova a aprirsi con lui all’interno della sintonia condivisa nello stesso spazio. Un legame, negli anni, diventato come uno specchio nel quale vedere l’uno nell’altro. La condivisione sulla scena è così forte e intima da cancellare i confini posti, per porre punti in comune in un universo esterno e sconfinato. Un lavoro strano fatto di tutto e di niente.
“Andiamocene, andiamocene, chissà cosa può nascere da questo buio”
Roberta Fusco