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“Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, ma qual è il comportamento di chi il peccato lo compie?
Porfirio Rubirosa lo racconta nel nuovo album Il furore composto, un concept sui 7 peccati capitali pubblicato per Isola Tobia Label e anticipato lo scorso gennaio dal singolo Un lussurioso.
Nel suo ultimo lavoro discografico – disponibile nei principali digital stores e anche in copia fisica su www.isolatobialabel.com/chiosco – che vede la produzione artistica di Fabio Merigo (Giuliano Palma & The Bluebeaters, Tricarico, Reggae National Tickets, Tormento), il cantautore veneto non descrive infatti il peccato in sé stesso e il sentimento che ne deriva, ma sente la necessità di guardarlo dalla prospettiva proprio di chi lo compie. In realtà a essere presentato è un punto di vista alternato fra il pensiero dell’artista e quello dei suoi ‘personaggi’, entrambi strumenti per esprimere un giudizio pungente e spassionato, nel tipico stile di Porfirio Rubirosa. La stessa suddivisione in vizi è soprattutto una suddivisione in comportamenti, la cui caratteristica peculiare è sottolineata anche dalla scelta di arrangiamenti musicali differenti per ognuna delle tracce che li rappresenta. Se la varietà dei generi si riscontra difatti già nei testi, nei quali il registro può farsi molto alto ma anche estremamente basso, d’altro canto la musica si tinge di svariati colori stilistici di stampo pop, rock e folk, con una virata verso un sound quasi elettronico, distante dai precedenti lavori dell’artista. Punto di contatto fra le tracce, che si susseguono senza soluzione di continuità, sono invece gli intermezzi sinfonici con i quali l’ascoltatore viene ‘traghettato’ da un brano all’altro in una sorta di esperienza sensoriale, avendo essi la duplice funzione di essere propedeutici rispetto alla canzone che segue e di ‘decompressione’ rispetto a quella che precede.
A rafforzare il costrutto narrativo della tracklist è anche il ricorso a diffuse citazioni, mirato a dare un tono di autorevolezza e universalità al contenuto dei brani attraverso, appunto, concetti espressi da altri.
Nel complesso l’album comunica un’ambiguità di fondo, a partire dall’ossimoro del titolo Il furore composto – espressione presente anche nel testo della traccia Un iracondo – che se da una parte descrive come l’autore abbia voluto ‘comporre’ il furore con i suoi testi, dall’altro esprime il ‘vivere a metà’ dei protagonisti delle sue storie, il cui vissuto sembra fatto di impeti mai completamente portati allo scoperto. Un esempio fra tutti, la parola ‘cuore’ censurata con un bip nel brano Un avaro, che si presta a diverse letture, non ultima quella di volere in qualche modo ‘censurare’ i sentimenti.
Più in generale, ciò che l’artista fa emergere è la difficoltà di rimanere coerenti a sé stessi, il relativismo delle cose e la volontà di lasciare sempre una porta aperta al cambiamento. Sulla scena del concept si dispiegano così, traccia dopo traccia, personalità che si fanno flessibili al fine di adeguarsi alle situazioni, quasi a voler intendere che tutto sommato l’adattamento a ciò che accade non è opportunismo ma una spietata forma di sopravvivenza.
Tour Fortini Sonori. Porfirio Rubirosa porterà in tour il suo nuovo album Il furore composto nell’ambito del progetto Fortini Sonori, che coinvolge gli artisti di Isola Tobia Label in una serie di concerti nei teatri. Nello specifico, il cantautore veneto si esibirà l’11 marzo al Piccolo Teatro Comico di Torino, il 16 marzo al teatro Spazio Rimediato dell’Aquila, il 17 marzo al teatro Studio 5 di Roma (con l’opening act di Lorenzo Cittadini) e il 6 aprile al teatro Trastevere sempre a Roma. I biglietti, per i quali sono previste diverse formule di acquisto, sono già disponibili in prevendita al link https://oooh.events/organizzatore/isola-tobia-label/. Diversamente ci si può rivolgere ai botteghini dei singoli teatri.
LA COPERTINA
«Dispiegando quell’origami acustico che è Il furore composto, si finisce per vedere in ogni piega, geometrie che si ripetono come i loop sui foulard di Versace negli ’80. La copertina quindi traduce quei passaggi di suoni e parole fermi e velocissimi con il vocabolario visuale dell’estetica Dadaista che conferisce una piacevolezza disturbante a questo coito figurativo di colori e forme. Gli avvenimenti descritti nei testi di Porfirio Rubirosa sono qui rappresentati come fossero in festa, infestanti come malerbe di pianura. Sullo sfondo la città e una luna che ci osserva come fa la scienza contemporanea. Ogni suono miscelato come un’alchemica pozione da Fabio Merigo mi ha spinto nel dirupo della varietà e io, che so cadere molto bene, ho impresso questo meraviglioso spavento con la stessa cura di particolari. Chiunque vorrà provare a non riconoscersi in questo disco, che sia nella parte audio, in quella dei testi o estetico-visiva, si ritroverà di certo contraddetto. Il bisogno dell’uomo è trovare la propria posizione sulla tela della vita per favorirne l’entropia e capirne trame ed orditi smettendo così di essere dei collage».
[L’artista visuale Dagon Lorai, autore della copertina]
«L’album Il furore composto è per me il più intimo fra quelli che ho realizzato, per il personale dolore esistenziale che ne viene fuori, in una maniera che mai si era avuta nei miei precedenti lavori discografici, anche perché stavolta mi sono ritrovato a fare i conti prima di tutto con me stesso.
Nulla è lasciato al caso, nemmeno il titolo che sintetizza nel suo concetto la tensione di stampo borghese, quella continuamente soppressa e repressa della famiglia media. Attraverso i 7 vizi capitali ho raccontato infatti cosa si cela dietro l’abito socialmente accettato e cioè un universo fatto di rabbia, speranze disattese e occasioni perdute.
In particolare, ho voluto compiere una ricerca e un’analisi di tipo spirituale e sociologico delle ragioni che conducono l’uomo a determinati comportamenti, soffermandomi soprattutto sui rapporti di famiglia. Ho parlato infatti di padri che celebrano i figli, di capifamiglia che temono il futuro, di adolescenti alle prese con le pulsioni sessuali e la necessità di apparire, di tensioni inespresse, di madri che suppliscono ai bisogni spirituali della prole con offerte materiali, di complessi edipici nel rapporto padre-figlio e di smarrimento del nucleo familiare. Per farlo, ho fatto ricorso anche a numerose e trasversali citazioni: da Omero a Jack Kerouac, da Dino Buzzati a Dante Alighieri, passando per i Beatles e perfino gli Offlaga Disco Pax.
Per la prima volta in 18 anni di carriera inoltre, pur mantenendo la supervisione generale del progetto, ho affidato la produzione artistica a Fabio Merigo. Il risultato è quello di sonorità più vicine a un gusto contemporaneo, senza tuttavia perdere nulla della mia cifra stilistica e senza rinunciare nemmeno ad alcuni ‘coup de théâtre’, inseriti nell’album per arricchirne ulteriormente la trama».
[Porfirio Rubirosa]