Festival Corto e a capo – Premio Mario Puzo: standing ovation per Ken Loach, regista e attivista inglese

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foto Giuseppe Panza

Standing ovation, giovedì sera, 25 agosto, al Festival Corto e a capo, per il regista e attivista inglese Ken Loach, al quale è stato consegnato il Premio Mario Puzo dell’ottava edizione del festival.

In una calda ma ventilata serata, sulla terrazza della Cavea di Venticano (AV), il pubblico presente ha potuto godere delle parole di un grande regista, un personaggio carismatico e di grande potenza comunicativa.

Ken Loach non le manda a dire, si prodiga con i giornalisti e con il pubblico e con incredibile forza pronuncia parole che fanno capire quanto importante sia stato e quanto lo sia, oggi più che mai, l’atto di denuncia che lui fa con la sua arte, verso tutti i soprusi e verso tutte le forme di violenza che vengono perpetrate nei confronti di ogni popolo, dei cittadini e di ogni singolo individuo che vive sul pianeta Terra.

Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi dicono santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista” , Ken Loach cita don Hélder Câmara, il vescovo rosso, con questa sua frase e rimarca dicendo che tutti noi abbiamo l’obbligo di chiederci perché i poveri non hanno cibo.

Una società che non garantisce il minimo sindacale in una busta paga, togliendo così ai lavoratori la possibilità di garantire il sostegno alla propria famiglia, è una società che non funziona. Dovremmo unire le energie e iniziare a combattere sullo stesso fronte, uscire dalle celle isolate nelle quali ci hanno relegato e riformare le comunità, i gruppi, un unico fronte, partendo dai nuovi movimenti politici, un movimento solidale e unito dal quale si possa iniziare a combattere contro le ingiustizie, le discriminazioni e le violenze.

Perché noi abbiamo la responsabilità di cambiare le cose, se ci pensiamo, ci sono piccoli gruppi di persone che guadagnano milioni di euro all’anno e di contro ci sono persone che pur lavorando non riescono a guadagnare neanche il necessario per garantire alla propria famiglia una vita dignitosa.

Ma la maggioranza è quella che può fare la differenza.

Ogni parola di Ken Loach viene accolta con applausi dal pubblico, entusiasta nell’accogliere una personalità illuminata e illuminante come il regista inglese, che non esita a scherzare sulla sua età e che grazie ad essa si può permettere di dire tutto ciò che vuole, in realtà è ben consapevole dell’effetto prorompente che le sue parole possono avere, spiega con estrema semplicità  situazioni politiche che si sono venute a creare in Europa e nel Mondo e le problematiche che queste ci stanno portando ad affrontare. Una deriva a destra che sicuramente non porterà a nulla di buono se non ci attiviamo, se non iniziamo a muoverci tutti insieme.

Loach ci invita a non avere paura di esprimere le proprie idee, il proprio pensiero, se abbiamo dei dubbi, delle paure o delle necessità dobbiamo esprimerle, condividere con gli altri e cercare supporti per portare avanti le nostre battaglie, poiché è importante combattere su tutti i fronti, sia nella lotta politica che culturale, e a questo proposito, ci dice, che il suo impegno è quello di divulgare attraverso i film queste condizioni di vita che ormai accomunano quasi tutti i Paesi, la sua mission è quella di lasciare nel pubblico una domanda, un dubbio, una consapevolezza che se ci lascia con l’amaro in bocca e un po’ di rabbia nelle vene, è già un ottimo risultato, dal quale ripartire per poter cambiare le cose.

Perché è importante, conclude Loach, dire che se un film è semplice propaganda, non è un buon film.

 

Giustina Clausino

 

 

 

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