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Dal sound che fonde folk, ambient e alternative rock, con un repertorio sonoro che spazia nei meandri della tradizione ma sperimentando linee sonore dell’elettronica, Aliante torna con un nuovo album “Strada Blu”.
Link streaming album: https://open.spotify.com/album/637kIFIwYc3Xr10qf0fvLk?si=GDl72O9bQzWPmJtqzsJjMg
Progetto musicale salernitano, nato nel 2013 dal duo composto da Moreno Naddeo, cantautore, e Nicola Fierro, chitarrista e polistrumentista, Aliante torna con un album composto da 8 brani inediti, preceduti da un omonimo singolo e videoclip lanciati nel mese di marzo.
https://www.youtube.com/watch?v=wH1UNepSJJ4
Con un rimando ai rapporti, alle storie che ci legano e alla speranza che unisce gli uomini, l’album prende i connotati di un ensemble di pezzi che raccontano la storia della periferia salernitana, ma anche di qualsiasi posto lontano.
Per scoprirne di più, abbiamo raggiunto le menti del progetto per rispondere a qualche nostra curiosità.
L’8 Aprile è uscito “Strada Blu”, nuovo album preceduto da un singolo omonimo. La strada sembra la parola chiave di quest’album.
La strada rimanda alla figura del percorso, che nel nostro caso è partito dai banchi del liceo e da un garage che sembrava progettato per ospitare il disordine di due adolescenti intimoriti da quelle scatole chiamate ‘ufficio’ e che confondevano l’immaginazione con la realtà. Sicuramente ancora lo facciamo e questo ci ha permesso di racchiudere nella forma classica del disco il nostro equilibrio, la nostra urgenza espressiva ed emotiva. Lungo questa strada di periferia è facile rimane assorbiti dai ‘deserti senza orizzonti’ e, come degli estranei, ci siamo sentiti spesso ‘in balia di onde di sabbia’. Proprio questa dimensione di inadeguatezza può, però, rappresentare linfa vitale per la creatività e ci sembrava giusto provarlo a raccontare in ‘Strada Blu’, che è un ulteriore tassello da aggiungere al primo EP del 2018.
Otto brani che parlano della periferia, di storie e posti lontani. Come nascono i pezzi testualmente e musicalmente?
La periferia riconduce inevitabilmente ad un ‘centro’, che è quello che noi stiamo cercando. Non in maniera fisica, ma più simile a quello che cantava Battiato.
In effetti, fisicamente viviamo una condizione di perifericità. In sostanza, viviamo dentro le logiche della rete, ma in una condizione di bordo. Anche se un po’ ci piace, ci trascina costantemente a costruire ‘proiezioni instabili’ tra quello che vorremmo essere e quello che effettivamente siamo. In questa condizione, siamo costantemente messi davanti alla realtà ‘di ciò che si può fare’ e ‘di ciò che sarebbe più giusto lasciare al mondo dell’immaginazione’. E’ in questo bivio che proviamo a ‘Disimparare’ e lo raccontiamo nell’omonima traccia dell’album. Abbiamo provato a superare la retorica delle ‘passioni’ per dare valori ad i nostri “punti e linee”, alla nostra ‘Strada Blu’, in un continuo ridisegno del nostro rapporto come amici e come musicisti. La periferia è fatta anche di queste storie, che non sono lontane e non sono poche. Sicuramente esistono periferie più angoscianti e difficili – più simili ad un ‘Mare Nero’ – che inabissano innocenza e speranza, ma anche quelle sono nel disco.
Non c’è un vero percorso lineare sulla nascita delle canzoni. Sicuramente ad entrambi piace suonare e scrivere, anche se in modi diversi. L’autore dei testi è Moreno, ma appena li ascolto li sento già miei. Insieme definiamo la struttura, le dinamiche e l’arrangiamento, così la storia diventa più avvincente e si trasforma in una canzone di Aliante. Altre volte sto suonando un riff oppure ho una struttura registrata su cui Moreno riesce sempre a metterci un testo coerente con la musica. Sono nate così le canzoni che ho citato di questo disco – ‘Mare Nero’ e ‘Disimparare’ – ma ad essere sincero la canzone che credo più ci rappresenti in questo momento è ‘Sbarre e Catene’. E’ una canzone che ci portiamo dietro dall’inizio del percorso, che però è totalmente cambiata rispetto alla versione originale e risente molto dell’evoluzione dei nostri ascolti che sono confluiti in gran parte verso l’experimental pop o la folktronica.
Ascoltando l’album, si avvertono subito dei chiari mix alla tradizione, misti a suoni più elettronici. Quali sono le vostre influenze musicali e come le mescolate, dato che siete due menti a produrre?
Ci piace che si riesca a percepire quella che tu definisci ‘tradizione’. Non siamo conservatori né dei sofisticati sperimentatori, ma ci piace mescolare influenze, strumenti e archetti sulle chitarre. Le canzoni nascono in maniera molto tradizionale – con riferimento a strutture armoniche o letture – ma risentono, appunto, del percorso. Siamo sicuramente affezionati ad un certo tipo di cantautorato italiano ed internazionale, ultimamente nei live stiamo anche suonando dei brani di Battiato, Dalla e Nick Drake; ma siamo anche cresciuti con le influenze dei Radiohead, Wilco, Sigur Ròs, Bon Iver, Damon Albarn, Fleet Foxes, Pearl Jam, Afterhours, CCP, Subsonica. L’elenco potrebbe continuare a lungo con ascolti più recenti – come Motta, Fabi, Iosonouncane, Andrea Laszlo De Simone, Michael Kiwanuka, Arcade Fire, Bibio ecc. ecc. –, ma ci piace anche confrontarci con le realtà territoriali a noi più vicine come i 24 Grana, gli Epo, Dileo, o gli amici songwriters con i quali ci scambiamo consigli e nuovi ascolti.
Nel tempo abbiamo accumulato strumentazione che ci permettesse di fare autoproduzione e qualificasse le nostre attitudini. E’ abbastanza variegata ed in continua crescita e ci permette sia di produrre, che riproporre nei live un’idea di musica improntata sulla dimensione sonora. Siamo molto attenti al suono e, soprattutto, all’interazione tra questo e la storia che stiamo raccontando. Inseguiamo sempre il nostro giusto paesaggio, all’interno della cornice canzone, che dia valore e sia coerente con ciò che vogliamo comunicare. La tradizione, che può essere una sorta di cantautorato italiano o un alt rock inglese, ci sembrava la forma più idonea a raccontare delle storie che possono sembrare ‘vecchie’, ma qui in periferia sono ‘eterne’. Sicuramente cerchiamo di reinterpretarla nella nostra ricerca narrativa e sonora, ma quale forma migliore della struttura tradizionale per comunicare delle storie che si reiterano?
Sono più di 10 anni che il progetto è in attivo, come sentite che si è evoluto?
Dieci anni è il periodo in cui abbiamo costruito, decostruito, trasformato ciò che potete ascoltare nel nostro album. Abbiamo sempre scritto e prodotto le nostre canzoni insieme, ma nel tempo abbiamo sempre cercato un confronto con altri musicisti. Non tutti i rapporti sono stati duraturi, ma alcune relazioni sono divenute davvero importanti e si sono trasformate in vere amicizie o, per essere più coerenti con ‘Strada Blu’, in veri compagni di viaggio. Il nucleo del progetto siamo noi, Moreno e Nicola. Ci impegniamo nella scrittura e pre-produzione dei brani. Nel primo EP abbiamo davvero fatto tutto da soli. Infatti, quelle quattro canzoni pubblicate nel 2018 nascono proprio come necessità di mettere dei punti fermi alla strada che avevamo percorso. Il nuovo album sicuramente non nasce come tabula rasa, ma raccoglie anche la voglia di andare oltre. Nel tempo abbiamo imparato ad evadere dall’autoreferenziale atmosfera dell’irriducibilità, che spesso accompagna la musica. Questa qualità non ci hai mai appassionato, né l’abbiamo ricercata. Abbiamo sempre provato, nello ‘spettro delle nostre insicurezze’, a fare qualcosa di nostro che fosse coincidente con le aspirazioni di entrambi. Ovviamente, il confronto con altre realtà e musicisti ci ha aiutato. Infatti, nell’album ci hanno accompagnato dei musicisti ed amici che stimiamo molto e con cui abbiamo condiviso molte esperienze: Federico Amato ha suonato e registrato le batterie acustiche ed elettroniche; Francesco Verrone ha suonato e registrato il basso su tutte le tracce, a meno della traccia ‘Settembre’ nella quale il basso è di Flavio D’Addino; Mix e Mastering sono stati curati da Maurizio Loffredo de ‘Gli Artigiani Studio’ di Roma.
A questo punto, come si potrà evolvere ancora: quali sono i prossimi progetti per Aliante e “Strada Blu”?
Il disco ci piace e siamo molto soddisfatti del lavoro fatto. Siamo concentrati a riproporlo live, anche in chiavi diverse. La maggior parte delle occasioni a cui siamo invitati a suonare non si presta ad una full band, sono piccoli locali o spazi abbastanza riflessivi. E’ sicuramente la dimensione che abbiamo abitato fin dall’inizio e con la quale ci piace sempre confrontarci, infatti stiamo provando a riportare alcune atmosfere del disco anche in spettacoli in duo. Siamo sicuri comunque non mancheranno eventi dove poter riproporre l’album nella dimensione in cui è stato pensato, ovvero quella di band. Per il futuro ancora più prossimo, stiamo approcciando a nuovi strumenti – acustici o del mondo dell’elettronica – ma il risultato speriamo di raccontartelo quando le idee si saranno trasformate in musica.
Roberta Fusco