Intervista ad Adranè, in occasione del suo primo singolo “Roipnol e Sambuca”

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Quando si ascolta un brano, si ha libero accesso a parole, sensazioni e vibrazioni, che i suoi creatori hanno voluto mettere sotto forma di musica, come fosse un bagaglio di emozioni per gli artisti. Nel caso di Andrea Cassetta, l’alter ego Adrané serve a buttar fuori tutto ciò che c’è del passato. In una metamorfosi continua, Adrané costruisce in musica un agglomerato di ostentazione, dipendenza e rivincita graffiante, lanciato con il singolo esordio “Roipnol e Sambuca”.

 

Link: https://youtu.be/VOTOKWWxEqs

 

Dopo aver visto il video e colpiti dal sound magnetico del brano, abbiamo raggiunto telefonicamente Andrea Cassetta, curiosi di scoprire di più sulla metamorfosi che la sua musica è in grado di rappresentare.

 

Perché con Adrané lanci come primo singolo “Roipnol e Sambuca”?

 

Il brano è una fotografia della mia adolescenza. Purtroppo sono caduto nella rete delle dipendenze in quel periodo della mia vita che è durato dal ’94, dove ho iniziato con droghe più leggere fino al ’99, quando ho iniziato ad avere problemi di alcool e di benzodiazepine. Praticamente, racconto quel periodo lì, sperando che un’esperienza del genere possa essere anche d’aiuto per i ragazzi, per far capire quanto le droghe non servono a nulla e sono una perdita di tempo. Più che risolvere i problemi, vanno a moltiplicarli ed essendo schiavo di certe sostanze la tua giornata è in funzione di quello, da quando apri gli occhi la mattina fino a quando vai a dormire. Ti annienti in un certo modo. Le dipendenze sono sempre una cosa sbagliata.

 

È bello cercare di esprimere questo pensiero in musica. Sembra infatti che il pezzo venga lanciato per parlare di una certa rinascita.

 

Sì, esatto. Come avrai intuito, ormai è una vita che non mi appartiene più, sono sobrio e faccio una vita regolare, normale come tutti. Ho voluto raccontare questa storia con questo pseudonimo, Adrané, che poi non è altro che l’anagramma del mio vero nome Andrea, per rinascere anche in una forma artistica diversa, sperimentale. Ho anche altri progetti, uno prevalentemente rock dove uso il mio vero nome, Andrea Cassetta, poi un altro progetto nato da un periodo di down profondo, vissuto qualche anno fa, che s’intitola “Dove i pesci affogano”. È un progetto un po’ particolare, metafora sulla vita dato che sono del segno dei pesci, e sulle difficoltà del quotidiano che può incontrare ognuno nel suo percorso di vita. La sua particolarità è che unisce musica e cinema con tre cortometraggi che rappresentano in chiave simbolica le mie paure e le mie angosce, attraverso il classico linguaggio della vita onirica, simbolismi e cose così, interpretabili in base alle esperienze di ognuno.

 

Parli di tre cortometraggi quindi..

 

Sono tre cortometraggi, al momento ne ho pubblicati solo due e penso di mettere mano anche a quel progetto lì a breve. Diciamo che sono una persona un po’ irrequieta, musicalmente parlando, mi piace spaziare. Ad esempio, creare Adrané come pseudonimo per poter sperimentare generi diversi, da quelli affrontati finora con altri nomi è per poter provare anche l’elettronica e non avere paletti di fusione di generi musicali e anche di lingue.

 

Infatti, ho letto di te e mi ha colpito la frase: “Sono un essere mutevole, mi annoia essere una cosa sola”, sembra combaciare con il discorso.

 

Mi piace molto reinventarmi, rinascere, il cambiamento. Penso sia alla fine il principio fondamentale della vita quello di scoprire cose nuove, di evolversi, di provare anche in base alle proprie esperienze. Credo sia fondamentale essere sempre pronti a cambiare.

 

Bisogna sempre cambiare, fa parte della crescita dell’individuo. Essere consapevoli del passato per poter mutare in qualcosa di migliore.

 

Il videoclip “Roipnol e Sambuca”, che tra l’altro sta avendo problemi perché Google non me lo fa promuovere a causa di censura per contenuti inappropriati, rappresenta, per esempio con il nudo nella camera da letto, la vulnerabilità di chi cade nelle dipendenze. Anche il gesto di rasarsi allo specchio, è la rappresentazione della rinascita, dell’affrontare i propri demoni, del guardarsi dentro, essere davanti a sé stessi. L’ho voluto fare in modo che rappresenti il cambiamento, chiudere un ciclo di vita e iniziare da capo, rinascere. Quindi torna sempre questa rinascita artistica e personale.

 

Nel pezzo c’è molta resistenza e un voler parlare di fatti del passato. Se farà parte di un album, tematicamente come Adrané cosa lancerai?

 

Non so dirtelo, al momento ho altri due singoli in lavorazione, i quali non credo usciranno a breve, ma ho anche altri progetti, quindi mi divido in tre. Però ho già iniziato a lavorare agli altri due singoli e posso già anticiparti che uno è in francese e l’altro è in italiano e forse ci sarà una parte in inglese. Per le tematiche, quella del secondo singolo in francese sono abbastanza affini, però il terzo singolo è una cosa diversa, ma non voglio svelarti troppo adesso. È un po’ troppo presto per parlare di album, con Adrané volevo lavorare con un altro modus operandi. Adesso è più usuale lavorare per singoli, quindi hai più tempo per concentrarti un brano per volta. Poi vorrei fare per ogni singolo un videoclip, quindi c’è tutto un lavoro più lungo da fare. Una volta arrivato magari a sei o sette singoli, potrò pensare di raggrupparli in un album e aggiungere qualche inedito. L’obiettivo finale sarà l’album, ma non a breve termine.

 

Diciamo quindi che è un lavoro concettuale sul personaggio. Una sorta di alter ego della tua persona.

 

Metto in risalto il mio lato istrionico e sperimentale.

 

Tornando al singolo, musicalmente è un brano che ti entra completamente in testa, ha un sound molto coinvolgente. A cosa ti sei ispirato?

 

In realtà a niente in particolare, avevo solo voglia di cambiare genere, ed è andata così. È partito il riff di chitarra, quello dove canto all’inizio e da lì è partito tutto l’arrangiamento. È nata questa cosa molto particolare improntata sull’elettronica, rispetto al rock, però diciamo che l’attitudine al rock c’è sempre, è un po’ un mio marchio di fabbrica dopo tanti anni che porto avanti quel tipo di discorso musicale. Le mie più grandi influenze musicali sono rock, Nirvana, Placebo, Doors, insomma tantissimi, però ho ascoltato di tutto perché da bambino mio padre in macchina metteva sempre Pink Floyd, sono cresciuto a pane e Pink Floyd, contro il mio volere. Adesso lo ringrazio, ma quando ero bambino preferivo Michael Jackson e Paul McCartney, però credo siano ascolti importanti, non sicuramente facili da apprendere e ascoltare ma credo che mi abbiano dato un buon imprinting musicale.

 

Ma menomale, ti hanno regalato le influenze giuste per creare un mash-up musicale.

 

Ho una visione romantica della musica, infatti sono legato a personaggi come Morrison, Jeff Buckley o Nick Drake: persone che hanno messo l’anima nella musica. Infatti, ciò che mi affascina più dell’arte e della musica, è l’immortalità. Il fatto di pensare di poter rivivere ed essere presente, un domani che non ci sarò più, attraverso le mie opere nel momento in cui qualcuno spingerà play sul suo lettore, al di là dello spazio e del tempo. È questa la cosa bella dell’arte: lasci una traccia della tua vita. Per me è questo lo scopo della vita: ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto lasciare una traccia del mio percorso ed è quello che voglio fare attraverso la musica.

 

Dato che parliamo tantissimo di rinascita e sperimentazione, mi hai già accennato qualcosa, ma vorrei sapere cosa stai sperimentando musicalmente? Quali sono le sonorità di questo periodo?

 

Per quanto mi riguarda, con Adrané continuerò sempre verso l’elettronica, però magari sporcata da un qualsiasi tipo di elemento e con altri generi musicali. Non è detto che una cosa che venga per forza catalogata in un determinato stile. Non ho delle regole per Adrané: dove mi porta l’ispirazione, là andrò. Non so se farò cose folli che non piaceranno a nessuno, ma il bello è anche questo, dare libero sfogo alle proprie idee.

 

E con gli altri tuoi progetti?

 

Come Andrea Cassetta sto lavorando a un libro che credo uscirà, sempre come un autoproduzione, forse per settembre. È una cosa particolare non è solo un libro, però non voglio svelare molte cose adesso. Dovrò poi completare la trilogia dei cortometraggi, legati a degli EP. Dove i pesci affogano è un progetto che finora a livello artistico mi ha dato molto di più, sono molto ispirato da quel progetto, è quello più adulto, più artistico, anche per i testi. Finora sono due capitoli: capitolo 1 “L’abisso”, capitolo 2 “L’inconscio”. Il progetto mi ha dato la possibilità di conoscere Piero Pelù e di aprire un suo concerto la scorsa estate all’Auditorium. Pensa quant’è strana la vita: tre anni prima ero andato lì a vedere Noah Gallagher e pensavo mentre stavo negli spalti a quanto lui fosse fortunato a esser lì su quel palco, se lui fosse consapevole di ciò e a che cosa si provasse a solcare quel palco. E poi nella vita mai dire mai. Grazie a Piero ho suonato sullo stesso palco di Gallagher, una cosa fantastica. Nella vita basta incontrare la persona giusta e veramente si cambia tutto. Ancora non è successo, nel senso, che a me ancora non è cambiato tutto. Ma la musica è veramente una forma di terapia, lo so, sembrerà banale, tutti quanti lo diranno però è veramente così per me. Mi ha aiutato molto ad uscire da quel periodo adolescenziale ed è stata sempre una compagna di vita, fin da bambino. Non riesco ad immaginare un periodo della mia vita dove non c’era un brano musicale.

 

 

Roberta Fusco

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