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Batterista e percussionista, Alfredo Laviano, marchigiano di origini lucane, spinto dal desiderio di conoscere e sperimentare, intraprende ricerche ed esplora le diverse forme di arte con passione e creatività.
Musicista talentuoso, aperto a innovazioni e a scoprire sonorità che oltrepassano quelle tradizionali e sconfinano in mondi diversi, coltiva con successo anche altre forme di arte come la pittura e la gastronomia. Le sue specialità si fondono così armoniosamente in cocktail spumeggiante di suoni, colori, sapori, odori, immagini, con opere multidisciplinari di grande pregio e spessore culturale.
Si avvicina alla musica fin dall’infanzia e dopo un primo approccio con strumenti tradizionali si appassiona alle percussioni e si diploma al conservatorio. La sua versatilità musicale gli consente di spaziare in ambiti diversi.
Ha partecipato a eventi, festival nazionali e internazionali, pubblicato dischi, libri, realizzato progetti originali e interessanti e contemporaneamente si è dedicato e si dedica con passione alla didattica.
Poliedrico e di eccellenza è, dunque, sempre pronto a concretizzare idee brillanti e originali in cui imprime la sua personalità e in cui convergono più linguaggi artistici.
Benvenuto e grazie per aver accettato l’intervista per Differentemente.info
Grazie a te dell’invito ne sono onorato
Marchigiano con origini lucane…
Sì, sono nato nelle Marche, ma le radici sono lucane e campane, infatti la famiglia paterna proviene da Pescopagano, ma ho anche dei parenti a Napoli.
Il tuo primo incontro con la musica risale all’infanzia.
Esattamente, papà suonava il piano e mio nonno era clarinettista, quindi la musica era di casa.
Dopo un approccio con strumenti tradizionali scopri la batteria e le percussioni.
Sì, anche se all’approccio serio del nonno, diverso da quello di mio padre, molto più swing e meno accademico, ovviamente preferivo il secondo…sta di fatto che iniziai a studiare diversi strumenti musicali, ma con scarsissimi risultati, anche per via dell’approccio rigoroso di nonno. Inoltre la dislessia mi rallentava la decodifica delle note, soprattutto al pianoforte, per via del doppio pentagramma…quindi mollai presto, covando però una grande passione per i tamburi in genere, ma come puoi immaginare, i tamburi erano meno considerati, stiamo parlando del secolo scorso e nonno era dell’800. I miei insuccessi scolastici creavano molte frustrazioni ma fortunatamente avevo un “canale” di salvataggio, il disegno e la pittura; avevo in famiglia un bravissimo pittore e papà aveva diversi amici artisti che frequentavano casa, quindi ho avuto incoraggiamenti e stimoli, ma sicuramente era il mio rifugio. Più avanti all’Istituto d’Arte ebbi la fortuna di avere come insegnante di disegno dal vero il grande Giuseppe Pende, ma durò solo circa tre anni, in quanto, a causa dei suddetti problemi abbandonai la scuola. Fu così che entrai in Conservatorio e mi diplomai nel 1994 in strumenti a percussione. In età adulta presi la maturità, giusto per mettermi alla prova e non lasciare le cose a metà, ognuno ha i sui tempi e io sono lento, cosi mi mantengo giovane si fa per dire…
Sei sempre alla ricerca e al desiderio di conoscere sonorità che oltrepassano la tradizione con la scoperta di strumenti che appartengono a etnie e culture diverse, creando così nella tua musica una sorta di ritmi globalizzati…
Diciamo che sono curioso, istintivo e forse un po’ incosciente (ride) e soprattutto non amo incasellarmi.
Inoltre la tua duttilità musicale ti consente di spaziare in diversi ambiti: dal jazz alla musica contemporanea, dalla musica etnica al world music con collaborazioni di artisti di fama internazionale.
Sono stato fortunato ad incontrare quasi sempre musicisti con la mia stessa lunghezza d’onda, anche dal lato umano, ho fatto diverse esperienze e spero di farne sempre di più, ma prediligendo sempre l’approccio creativo ed improvvisativo, anche se ho avuto modo di suonare musica più “rigorosa”, grazie anche al bagaglio che mi ha dato il conservatorio…ma più vado avanti e più preferisco la freschezza dell’estemporaneità, anche se nutro ammirazione per i musicisti più seri e diligenti. Forse con l’età che avanza si torna un po’ fanciulli ed incosciente (ride) non so…
Cinema, teatro?
Sì, ho partecipato a diverse sonorizzazioni di film, documentari e spettacoli teatrali, amo molto collaborare con attori/ci, lo trovo stimolante e mi permette di parlare senza parole (almeno ci provo). Presto parteciperò ad una colonna sonora per un film documentario sulla vita di un grande pittore del ‘900, ma per scaramanzia non anticipo altro.
Hai pubblicato e partecipato alla registrazione di album musicali… e progetti in vista?
Sì, ho un paio di nuovi progetti: “Dialogue” con la violoncellista Mayke Rademakers (olandese) con la quale ho registrato un CD in prossima uscita. Ho voluto coinvolgere una splendida violoncellista classica in un’avventura senza rete, cioè basato sull’improvvisazione e soprattutto con sonorità diverse dal consueto, non credo esistano molti duo con pentole e violoncello hahaha. L’altro nuovo progetto è con la cantante Connie Valentini, Camillo Pace ed Achille Succi, oltre ai progetti più longevi come Band’Uniòn di Daniele di Bonaventura, il trio con Giulio Martino e Valerio Scrignoli, il trio (Lucano) di Felice Del Gaudio con Stefano De Bonis ed il duo con Angelo Comisso. Un altro progetto, nato quest’estate, è una performance pittorico/musicale che si chiama SoundSigns dove “suono” la tela che prende forma per diventare un’opera pittorica, tutto dal vivo, puoi trovare un trailer su YouTube (https://www.youtube.com/watch?v=-nGI1v5lWB8&t=40s)
Sono sempre stata convinta dell’affinità che c’è tra musica e gastronomia, la capacità di unire note e creare melodie è come l’unione di ingredienti genera prelibatezze e tu spesso fai l’uno e l’altro e non a caso vieni definito musiCuoco…
Eh! Hai detto tutto! Anche secondo me musica e cucina sono simili perché necessitano di ingredienti, colori ed equilibri ed un pizzico di spregiudicatezza.
Musicuoco sì, perché da ormai sette anni ho creato uno spettacolo multisensoriale, che fonde musica cucina e teatro in un’unica soluzione, dove sonorizzo con gli utensili della cucina mentre preparo una cena. Questo spettacolo è aperto (per ciò sempre diverso) ad ogni tipo di collaborazione, che va da attori a musicisti o cantanti.
Ci parli del libro “Le pentole narranti”?
Il libro è una raccolta di mie ricette (4 per stagione). In questo libro c’è anche la preziosa collaborazione della scrittrice Laura Ricci che ha scritto quattro racconti ispirati dagli ingredienti dei piatti, l’abbinamento dei vini è magistralmente curato da Stefano Isidori (presidente AIS marche) e le foto sono del grande Andrea Rotili. Il libro è stato ristampato dalla Poderosa Edizioni.
Le affinità tra le arti riguardano anche la pittura e qui unisci i colori e realizzi opere, ce ne parli?
Come abbiamo detto prima, il discorso dell’affinità tra cucina e musica riguarda anche la pittura, che come la musica, necessita di ingredienti (colori) ed equilibri e contrasti.
Hai vinto premi, ricevuto riconoscimenti e organizzato mostre…
Sì, ho avuto qualche riconoscimento e premio, ma non amo fregiarmi anche perché altrimenti avrei fatto lo sportivo (ride) però, scherzi a parte, la ciclicità della vita mi sta riportando sempre più verso il primo amore, infatti dopo anni di pausa, da diversi anni non mi sono più fermato e ho partecipato a diverse mostre sia personali che collettive in Italia e all’estero.
Quando e dove la prossima mostra?
La prossima personale si inaugurerà il 12 maggio nella Galleria Spazio Porpora di Milano e sarà aperta fino al 25 maggio.
Tra le molteplici attività sei anche insegnante. Vuoi dare un consiglio o ricordare una citazione ai tuoi allievi e a tutti coloro che si avvicinano alla musica e all’arte, in particolare in questo periodo molto difficile che stiamo vivendo?
Sicuramente quello di ascoltare i consigli e gli insegnamenti dei musicisti più anziani, ma poi di fare come vogliono scherzo, no anzi non scherzo credo sia importante essere curiosi, aperti e pensare alla musica e non alle gare di velocità. Ovviamente consiglio di studiare più che possono, ma soprattutto di divertirsi, perché la musica è sì una cosa seria, ma è un gioco, serio, ma un gioco, senza intaccarne la sacralità. Poi pensare sempre che noi umani nei confronti della musica, siamo piiiiccoli piccoli. Nonno a cento anni diceva della musica “Io n’agg capit’ niént’” e ne sapeva a “pacchi”! Un consiglio se posso permettermi è di placare l’arroganza che rovinerà senz’altro la musica e tutto quello che si fa. Poi il “successo” eeee qui potremmo parlare per giorni ma io penso alla salute (ride).
Grazie, complimenti e … ad maiora!
Grazie a te è sempre un piacere.
Daniela Vellani