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Il 7 marzo su tutte le piattaforme musicali è uscito “Reboot”, il nuovo singolo del cantautore romano Bussoletti. Dopo l’esecuzione in anteprima live all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il brano viene ufficialmente lanciato al pubblico con una cover track d’eccezione realizzata dalla street artist Laika.
Sperimentando nuove sonorità dal gusto retrò, Reboot rappresenta un nuovo inizio. Scritto in collaborazione con Dani Macchi (leader dei Belladonna), il brano si chiede se con i sentimenti sia possibile fermarsi e ricominciare da capo, così come accade con la tecnologia. Un brano che riporta indietro nel tempo, grazie alle sonorità di musicisti d’eccezione, quali Alex Budman, sassofonista statunitense che ha collaborato anche con gli U2; il basso di Peppe Mangiaracina, da sempre presente accanto a Bussoletti e autore anche per Arisa; e il mix e mastering a cura di Steven Baughman, il producer di riferimento dei dischi multi-platino di Eminem e di 50 Cent.
La sperimentazione di suoni diversi, il voler rispondere ad interrogativi generati dall’isolamento pandemico, porta l’artista romano a scrivere una serie di nuove canzoni che verranno pubblicate all’interno di un album in uscita quest’anno. Ma per approfondire, abbiamo raggiunto telefonicamente Bussoletti, per scoprire con lui cosa rappresenta il nuovo inizio suggerito da Reboot.
Per rompere il ghiaccio, “Reboot” rappresenta un nuovo inizio: come nasce?
Nasce dopo la crisi che hanno passato molti nel primo lockdown: forzatamente a casa, nonostante io stia benissimo a casa mia, straveda per la mia famiglia, però ovviamente sono rimasto abbastanza sconvolto, depresso, come molti di quelli che facevano questo lavoro, che non sapevamo quanto sarebbe durata, a dire il vero, non è ancora finita. Quindi dopo la mia crisi iniziale, in cui ho visto tutto nero, mi sono riscoperto innamorato della mia famiglia, di mia moglie, dei miei figli e anche di questo lavoro. E quindi, ho ripreso in mano la penna, ho iniziato a scrivere insieme al mio amico Dani Macchi dei Belladonna: abbiamo scritto una serie di canzoni, tra cui Reboot, che come dice il titolo è proprio un inizio e sembrava anche perfetta come prima del nuovo corso.
Ho letto, infatti, che oltre ad essere un brano scritto a quattro mani, vede anche la presenza, durante l’incisione di mani di un certo livello.
Sì, io sono un cantautore, quindi in teoria faccio tutto da solo. Però mi ero un po’ scocciato e quindi quando ho iniziato a scrivere con Dani, che conosco da molti anni ma con cui non avevo fatto nulla e si è trattato di trovare il vestito sonoro, abbiamo deciso che ci serviva un suono, non dico nuovo, perché negli anni ’70 si usava, ma che non si sentiva da un po’. Tu immagina il sax ad esempio del primo Luca Carboni, paradossalmente invece di andare in Italia, per una serie di vicissitudini, siamo finiti in America perché Daniele spesso lavora con Hollywood e con Los Angeles. Come spesso accade con l’estero, è tutto più facile, più raggiungibile, e nonostante il livello ci siamo limitati a mandare le canzoni ad Alex: lui si è limitato a dare un giudizio alle canzoni, semplicemente gli sono piaciute e quindi ci ha suonato sopra.
Oltre alla presenza di mani diverse, sono tante le influenze che si avvertono. Da dove nascono?
Nasce da una riscoperta, una ritrovata passione per i vinili che come tutti ho avuto quando ero bambino, poi li ho un po’ persi strada facendo. Negli ultimi anni li ho riscoperti, andando anche ai mercatini e nei posti più assurdi, a volte becchi dischi che per metà non si sentono, ma hanno un fascino pazzesco. E anche la scrittura di quelle canzoni lì, appunto parlavamo del primissimo Luca Carboni o anche Claudio Lolli, sono delle reminescenze che mi piaceva citare. Credo che quando tu citi qualcosa, e ci metti del tuo, inevitabilmente fai qualcosa di nuovo e a me interessa fare qualcosa di nuovo.
A livello emotivo, il testo a cosa rimanda?
Fondamentalmente, era un testo molto autobiografico. Nonostante io sia un cantautore, scrivo tanto di quello che mi accade intorno, quasi mai di quello che accade a me. Però, come ti dicevo, mi sono riscoperto innamorato di mia moglie e lo volevo raccontare. Spesso si raccontano le storie che finiscono, o quelle che iniziano, mentre questa in qualche modo è una storia che continua e secondo me è un traguardo importante tanto quanto altre fasi. L’ho voluta raccontare attraverso la metafora della tecnologia perché tutti noi viviamo con i computer in mano. Un giorno in cui stavo registrando, il computer si è impallato, l’ho spento e riacceso e ho pensato: “Ma quanto sarebbe bello poterlo fare con i sentimenti, con le storie” e da lì è partito tutto quanto. Poi il caso ha voluto che fosse un testo metaforico anche per il momento perché è tutti noi sogniamo una ripartenza.
Il richiamo all’amore e ad un periodo passato è evidente anche dalla copertina, disegnata dall’artista Laika. Ricorda lo stile dei vecchi disegni e fumetti.
Di cui sono appassionato. Mi descrive, infatti ho la casa piena di vecchi fumetti, alcuni ereditati o rubati a mio zio, altri comprati nel corso degli anni ai mercatini. In generale con Laika è successa un’altra cosa strana, le cose succedono così nell’arte. Praticamente ha disegnato questa copertina con l’esplosione atomica, molto prima che succedesse tutto quello che è successo in Ucraina, anche perché le guerre purtroppo ci sono sempre state, non è che nel frattempo si sono fermate nel resto del mondo. Quando però è uscita è diventata tristemente attuale, infatti ci hanno chiesto: “Come avete fatto a beccare una cosa simile?” ed è stato un caso, perché l’arte fiuta senza volere quello che succede. Non abbiamo mai smesso di fare le guerre.
Parlando d’altro: parliamo di amore, di ritorno al passato, emozioni che si sentono tanto all’interno del singolo e con la cover sono richiamate. Quanto questo è presente nell’album che uscirà quest’anno?
Sì, uscirà quest’anno con un metodo opposto. Usciranno dei singoli ogni due, tre mesi. Quando li avremo tirati fuori tutti, e parliamo di sei, sette singoli non di due, li raccoglieremo in un album. Come si faceva anche questo negli anni ’60, in cui gli album erano raccolte dei singoli. Tutto l’album ha questo aspetto qui, è stato scritto in quel periodo del lockdown, insieme a Daniele, se non proprio tutto, buona parte è stata scritta insieme a lui perché avevo voglia di mischiare un po’ le carte. Secondo me quando siamo rimasti tutti un po’ isolati a casa, ci siamo resi conto che non è necessario fare sempre tutto da soli e pretendere di saper fare tutto. Quindi, mi sono chiesto, nonostante io scriva canzoni da sempre, se non fosse il caso di provare a scrivere con qualcun altro per vedere se il risultato fosse diverso e il risultato è diverso infatti.
Diciamo che questa è una forma di amore: avere fiducia nell’altro, chiedere supporto.
Siamo molto amici, non riuscirei a farlo con autori, come spesso succede nella musica, presentati un minuto prima. Non credo nelle canzoni tipo Sanremo con 80 nomi. Per me le canzoni sono emozioni, è un po’ difficile che le emozioni siano provate da 80 persone in fila, finché è una, due, tre persone che sono legate da un vissuto, ci sta. Oppure di uno che non conosci, ma ti ha fotografato talmente bene, anche se ho molta poca fiducia di quei 42 nomi che ci sono per ogni canzone sanremese. C’è anche molta schiettezza. Se io ti dico, senza conoscerti che una cosa non funziona, giustamente tu mi dici “ma chi sei?”, se te lo dice un’amico, pensi lo faccia per il tuo bene. Due amici se lo possono dire, se non sei amico diventa tutto più difficile, poi finisce che accetti cose che non ti piacciono.
Tra spoiler e non, cosa si può sapere sui prossimi singoli?
Si può sapere che il singolo dopo è con Paolo Fresu, già questo è uno spoiler che ti posso dare, proprio perché rimaniamo con l’idea di voler cercare dei suoni un po’ diversi, un po’ desueti. Mi diceva una mia amica dell’Ansa: “Fresu è diventato Bussoletti, o Bussoletti è diventato Fresu?”. La verità è che ci siamo incrociati a metà strada e abbiamo creato un mostro di Frankenstein. A noi piace molto, poi vedremo verso giugno quando uscirà se piacerà anche agli altri.
Anche per l’album ci sarà la cover di Laika o stai pensando ad altro?
Laika è stata una sorpresa. Ci siamo conosciuti casualmente ed è stato un colpo di fulmine artistico. Spero di poterne fare altre, non te lo so dire, non ci abbiamo ancora pensato perché purtroppo in Italia la cover è considerata una cosa secondaria, invece per me è assolutamente primaria. Ma il mio sogno è di proseguire con lei, se lei ha voglia ovviamente.
Questo ritorno al passato costante fa pensare che l’album uscirà direttamente in vinile?
Sì, come quello precedente che ho fatto solo in vinile e musica liquida, perché viviamo in questi tempi. Ma il cd non l’ho considerato e non lo considero neanche stavolta. Forse perché ci sono le copertine di Laika, ma se avrò la fortuna di averne altre, potrei pensare a stampare anche i singoli, su 45 giri magari.
Solitamente l’album è collegato al live, quindi immagino che ci sia in cantiere qualcosa..
pSì, come dice la PFM: “Suonare, suonare, suonare” è assolutamente la parola d’ordine e, a parte che già giovedì suonerò all’Hard Rock Cafè per Radio Sonica, come dire, un po’ di capatine qua e là le faccio, magari due o tre pezzi. Ho avuto la fortuna di fare questo concerto miracolo il 25 gennaio, all’Auditorium, infilato tra covid e guerra nucleare, e sicuramente per l’estate suonerò. Infatti stiamo chiudendo una serie di festival, ne è uscito un altro anche oggi. L’idea è di suonare tantissimo, se il covid lo consente. Credo sia un modo di vivere il disco in maniera diversa, anche dal punto di vista di marketing. Secondo me vendere una canzone nel senso che te la scarichi non è un’emozione. Se invece, tu vieni una sera da me, in qualche modo passiamo due ore del nostro tempo insieme, si crea un’emozione, si crea una storia che magari attraverso un vinile tu ricorderai per sempre: e per me quello ha senso e va benissimo.
Roberta Fusco