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Dal 27 gennaio il film “Marylin ha gli occhi neri” è su Netflix Italia, mentre dal 31 gennaio sarà disponibile su Sky e dal 15 marzo su Netflix mondo. Diretto da Simone Godano e prodotto da Grøenlandia con Rai Cinema, il lungometraggio vede come protagonisti Stefano Accorsi e Miriam Leone.
Leggenda narra che Marilyn Monroe avesse gli occhi scuri e fossero le lenti a contatto a darle l’irresistibile fascino dello sguardo sfumato di blu. Nel film di Simone Godano, da pochi giorni su Netflix Italia, ad essere convinta del segreto della Monroe è Clara (Miriam Leone), una bugiarda patologica e attrice di scarso successo, che ha trovato comunque un modo di “recitare” fingendo nella vita di tutti i giorni, e con finto ottimismo si presenta al Centro Diurno, uno spazio di accoglienza e riabilitazione per soggetti socialmente emarginati. Qui incontra Diego (Stefano Accorsi), uno chef con problemi comportamentali, tic nervosi, balbuzie e con difficoltà a gestire la rabbia. Clara non riesce a vedersi per quello che è, si sente diversa e tende ad autoescludersi, Diego infatti le fa notare che è l’unica a stare fuori dal cerchio durante le sedute di terapia. A sua difesa, però, Clara è l’unica in grado di rapportarsi con i compagni in modo schietto, senza cadere nell’accondiscendenza. Mentre Diego lotta anche per riconquistare la fiducia di sua figlia, e contro la sua paura di perderla, di essere dimenticato, dopo la separazione dalla moglie.
Nel centro di recupero, al gruppo viene affidata la gestione della mensa per gli ospiti anziani della bocciofila, un compito per aiutarli a gestire le loro problematiche, così lo chef Diego cucina, a Clara viene dato il compito di gestire la mensa e gli altri: Susanna, Sosia, Chip e Gina si dividono i compiti da svolgere, accoglienza, servizio ai tavoli e ordinazioni. Mentre cercano di gestire le loro paranoie, i loro disturbi, a Clara viene l’idea di mettere su Internet il locale ideale “Il Monroe”, un posto da sogno, tutto inventato, ma talmente bene che ottiene successo e visibilità.
Il regista Simone Godano mette in scena una rosa di stranezze ed eccentricità per raccontare con ironia le ossessioni e le frustrazioni del nostro tempo, lo fa con un gruppo di personaggi carichi di nevrosi, che hanno difficoltà ad uscire, sia in senso metaforico che fisico. Si sentono protetti tra le mura che usano per separarsi e, allo stesso tempo per proteggersi da una società che ha il giudizio facile verso il diverso.
Ma la svolta avviene quando l’esterno, il reale, fa ingresso nella comfort zone fisica e mentale in cui si racchiude il gruppo di terapia, il locale si apre abbellito e “falsamente pronto” per il giusto contrappeso ad un’umana esigenza di normalità.
Bravo Stefano Accorsi, abbruttito, nevrotico e invecchiato, molto credibile nella parte di Diego, convince anche Miriam Leone, seppur un po’ troppo sopra le righe, ma con guizzi di colore che non stonano. Bravissimo Marco Messeri nei panni del padre di Diego. Nel complesso, le scene corali sono convincenti e divertenti.
Paola Improda