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“Le ragazze han paura delle alghe sepolte
sotto le onde, che afferrano le gambe e le spalle:
quant’è nudo, del corpo. Rimontano rapide a
riva
e si chiamano a nome, guardandosi intorno”
Scriveva così Cesare Pavese, era il 1936, l’Europa si affacciava all’età dei Regimi, Marlene Dietrich e Greta Garbo incantavano Hollywood e il mondo intero offrendo l’immagine di una sensualità raffinata e finalizzata all’intrattenimento. Ma gli echi delle dive d’oltreoceano, immagine di una femminilità ostentata e languida, si scontravano con una realtà che negava alle donne i basilari diritti civili. Soltanto nel 1946, infatti, le donne italiane conquisteranno il diritto di voto, il reato di adulterio sarà abolito nel 1968 e il delitto d’onore abrogato nel 1981.
Un carosello di date ed eventi che mirano a fornire una fotografia nitida della linea temporale dell’emancipazione femminile, che arranca e sembra procedere secondo la moviola di una società che non voleva (o non vuole?) ricalibrarsi sull’idea di parità. Lo scorso 25 Novembre le piazze italiane si sono riempite di scarpe rosse e manifestazioni contro la violenza di genere. Movimenti internazionali come Non Una di Meno e D.i.Re- Donne In Rete contro la violenza, hanno reclamato la necessità di priorizzare le questioni relative alla disparità di genere. Sul manifesto che ha annunciato la manifestazione si legge così
“è quanto mai urgente riprendere la parola e lo spazio pubblico contro la violenza maschile sulle donne e di genere approfondita dalla crisi pandemica e da una politica istituzionale preoccupante e ostile alle donne, alle persone lgbtquia+ e alle persone più esposte alla crisi economica, sociale e sanitaria.”
Un grido di protesta che si ammutisce di fronte ad episodi come quello capitato alla giornalista Greta Beccaglia, molestata ripetutamente dai tifosi mentre lavorava, in collegamento con Toscana Tv, dopo la partita Empoli-Fiorentina. Un episodio scabroso ripreso in diretta, al quale è seguito il tentativo del conduttore di minimizzare l’accaduto, a testimonianza di una retorica che tende a giustificare la molestia come atto goliardico.
La cultura del Victim blaming (letteralmente «accusare la vittima») e le dinamiche ricorrenti della gogna mediatica, aizzata al motto di “se l’è cercata”, testimoniano l’urgenza di un’inversione di rotta da orientare verso politiche inclusive. L’ informazione sulla questione di genere, nell’ ottica di una rieducazione al rispetto e alla valorizzazione della diversità, è il primissimo passo di un cambiamento sociale per il quale è necessario l’impegno di tutt*.
Il 2021 è ormai quasi alle nostre spalle e le parole di Pavese suonano ancora familiari, se leggendole riusciamo a rievocare un senso di un disagio, è il sintomo che nessuno dovrebbe mai sentirsi rassegnato in una società che assolve il carnefice e insulta la vittima, affinché camminando per strada “guardandosi intorno”, nessun* debba avere più paura delle “alghe sepolte sotto le onde.”
ALCUNI PORTALI UTILI PER L’INFORMAZIONE SULLA VIOLENZA DI GENERE:
Numero Anti Violenza e Stalking
D.i.Re. Donne In Rete contro la violenza
In Genere- Dati, Politiche, Questioni di Genere
di Silvia Barbato