Intervista a Francesco Marioni, al suo primo film da regista con “Va bene così”

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Fare teatro comporta avere a che fare con dinamiche ben diverse da quelle cinematografiche. Gli artifici del cinema con i suoi effetti speciali, sono opposti alla naturalezza e veridicità teatrale. Quando si prova a trasporre il teatro, nel cinema, vengono ripresi gli elementi essenziali dell’arte teatrale, prima di tutte, le emozioni e la realtà umana.
Non è un lavoro semplice, ma abbiamo avuto la possibilità di conoscere chi sta con due piedi in una scarpa: attore di teatro, di cinema, sceneggiatore e ora debutta anche come regista con il suo primo film “Va bene così”. Parliamo di Francesco Marioni, attore romano dai mille talenti, reso noto sul web grazie alla parodia di Tommaso Paradiso con LeColiche e infiniti video comici in collaborazione con Michela Giraud.
Il film, disponibile in anteprima su Chili, uscirà ufficialmente nei prossimi mesi su varie piattaforme online e in copie digitali. Con la produzione di Alessandro Trere, Vargo Film presenta un cast eccezionale, per una storia familiare fatta di confronti e intrecci, interpretati da Duilio Pizzocchi, Elisa di Eusanio, Matilde Gioli, Fausto Maria Sciarappa, Fabrice Scott, Silvia D’Amico, Antonio Zavattieri e Manuela Morabito.
Nel frattempo, curiosi di scoprire tutte le curiosità a riguardo, abbiamo raggiunto Francesco Marioni per farci raccontare come ci si sente a scalare i gradini della recitazione.

Ti seguo da tempo, lavori in teatro e al cinema, ma ora è in uscita il tuo primo film da regista. Un grande salto, immagino sia bellissimo!

Bellissimo, super bello! E anche un po’ inaspettato, a dire la verità non ho cercato la regia cinematografica come carriera, ho sempre detto che volevo fare l’attore. Invece poi mi sono ritrovato a scrivere dei film che sono andati molto bene, una cosa ha tirato l’altra, e mi è stato proposto di farlo. Lì ho capito che era la cosa che volevo fare di più, che mi piace e quindi sì, sono super contento! Vediamo ora come va, dato il periodo un po’ particolare.

Infatti, data la situazione, ho notato che il film è in anteprima su Chili.

Sì, è in anteprima su Chili e successivamente anche su altre piattaforme, ma non conosco ancora le date precise. Uscirà poi anche in DVD e Blu-Ray, per poi essere presentato anche ad alcuni festival. Per ora è ancora solo in anteprima su Chili, però mi dicono che sta piacendo e sta andando!

Sarà dovuto anche al bellissimo cast, tra cui ci sono anche nomi importanti. Come sei arrivato alla scelta del cast?

Sono molto orgoglioso del cast, perché sono stato fortunato. Questo film è nato un po’ come con le vecchie produzioni, il mio produttore Alessandro Trere si è fidato al 100% di me e della mia visione, permettendomi di scegliere tutto ciò che per me fosse giusto per il film. Mi ha aiutato un casting molto forte di Yozo Tokuda, con cui ho già lavorato dato che siamo ottimi amici e si occupa del casting di Carlo Verdone, per cui ha una grandissima esperienza.
In verità già scrivendo il film, sapevo quali fossero gli attori che avrei voluto, per l’appunto, lavorando nel teatro e tutti gli attori del film vengono da esso, ho trovato degli attori bravissimi. Ho scritto scene molto lunghe, con dialoghi ritmati, in stile teatrale. Per questo avevo bisogno di persone che reggessero questi ritmi.
Alcuni degli attori li conoscevo benissimo. Altri no, ad esempio, Matilde Gioli non la conoscevo: è una delle protagoniste ed è stata proposta dal casting director e dopo averla conosciuta, mi è piaciuta tantissimo. Con Silvia D’Amico avevo già lavorato e abbiamo fatto insieme la scuola di teatro, quindi la conoscevo bene. Con Elisa di Eusanio avevamo già lavorato in un altro film. Insomma, sono tutte persone che mi ero già immaginato per tipologia, che ho contattato e sono stati felici di far parte del progetto. Sapevo che ci avrebbero messo il cuore e tutto il loro talento.

Quindi le tue aspettative sugli attori e sul lavoro finale, erano come te le immaginavi?

Sì, rispetto alle mie aspettative è venuto molto meglio di quello che volevo. Gli attori hanno dato una marcia in più: nel senso, già sapevo il risultato al quale volevo arrivare, i personaggi li avevo immaginati, sognati, li conoscevo come fossero persone vere e loro hanno dato uno spessore ancora più umano e personale ad ogni personaggio, anche nelle cose più piccole che mi hanno tanto sorpreso. È stato bellissimo lavorare con loro perché ci siamo messi al servizio dei personaggi, del film, con tante prove e momenti per capire i personaggi. È stato molto stimolante per me, e spero anche per alcuni di loro.
Lavorare a questi personaggi è un po’ particolare perché il film abbraccia un arco di tempo di dieci anni con la sua storia. Delle coppie si vedono per una cena e a metà film c’è uno stacco: stesso posto e stesse persone invecchiate di dieci anni. Quindi, è come se ogni attore interpretasse due personaggi nel film, con una divisione tra prima e dopo. Anche dal punto di vista estetico, abbiamo cercato di capire come secondo loro sarebbero invecchiati. Alcuni, per assurdo, la vita li porta a ringiovanire, ad altri è andata peggio, quindi è più evidente la stanchezza anche nel parlato. Abbiamo cercato di dargli tante, tante sfaccettature diverse.

Quindi, è una storia di confronto. Un’idea molto articolata, ma qual è precisamente la trama? Dai primi teaser ho notato che ci sei anche tu.

È la storia di una grande famiglia composta da tre coppie di fidanzati, tutti imparentati tra di loro. Tutti un po’ intrecciati! Si vedono per la festa di compleanno dei 50 anni di Riccardo, il protagonista nonché padre di questa famiglia. Durante la cena escono fuori tanti segreti e cose non dette tra loro. C’è poi uno stacco, dopo dieci anni, stesso posto, stessi personaggi ma accoppiati diversamente tra di loro. Di nuovo un’altra cena dove vengono sciolti tutti i nodi che hanno portato le loro vite ad evolversi in questa maniera.
È una saga familiare su vari caratteri, ma anche nel senso del nostro carattere personale e di come s’intrecciano tra di loro. Io dico sempre che è un po’ la storia del tempo che passa e di come esso incide su noi e di come, in questo caso, l’amore evolve. L’amore prende diverse forme, ci possono essere vari motivi per cui uno si innamora, sceglie di stare con una persona e dopo pochi anni stare con un’altra e fondamentalmente è sempre felice, quindi va bene così. È questo il senso, non ci si deve accontentare ma nel momento in cui ci fermiamo a pensare a ciò che è successo, siamo felici senza renderci conto di come saremmo dopo o siamo stati prima.

Molto bello, una sorta di confronto per mostrare le mille possibilità dell’amore, anche all’interno della famiglia: si cambia, anche all’interno di un unico nucleo sociale, e bisogna accettarlo.

Esatto, sì. Infatti, nel trailer ufficiale in uscita tra poco, c’è la prima frase del mio personaggio durante la seconda cena dove ci sono rancori e malumori a tavola. Uno dei personaggi dice
siamo tutti cambiati, un altro risponde che nessuno cambia, ed io esordisco con quello che per me è un po’ il senso del film, ovvero che “non è vero, si cambia. E si cambia così tanto e così profondamente che quando stiamo per rendercene conto siamo già altre persone che credono che non cambieranno mai”.

Si cambia inaspettatamente senza alcun limite. In questa confusione familiare, quindi, qual è il tuo ruolo? E soprattutto, com’è stato integrarti nel tuo stesso film?

È stato molto difficile perché è stato il mio primo film da regista quindi, un po’ azzardato. È un piccolo ruolo in realtà il mio. Il mio personaggio si chiama Tito e arriva nella seconda parte perché mi fidanzo con Lucia (Elisa Di Eusanio), la quale mi porta a questa cena di famiglia un po’ all’improvviso, infatti alla mia frase d’esordio, vengo anche risposto con un “Ma tu chi sei?”.
Però è stato divertente da costruire, mi sono persino fatto le mèches bionde per questo personaggio un po’ pazzo, che è in una clinica di tossicodipendenti, nella quale finisce uno dei personaggi, conosce me e di conseguenza conosco Lucia. È stato difficile però avere la testa sia per fare il regista, che l’attore, in quanto magari preferivo dedicarmi agli altri personaggi, piuttosto che al mio. Fare entrambe le cose è abbastanza difficile, soprattutto ad una prima regia: il giorno prima chiedevo a tutti di chiamare un altro al posto mio. (ride)

Essere, in primis, attore e poi regista, la trovo una cosa molto importante. Quanto il tuo background da attore ti ha aiutato in questo nuovo ruolo?

Tantissimo. Per me il cast e la scelta degli attori, nel dare un senso e sfumature attraverso la recitazione, è la cosa più importante. E mi ha aiutato anche durante la scrittura. In verità, l’aver studiato come attore mi ha aiutato sempre molto in questo lavoro, anche quando scrivo per altri. Degli sceneggiatori scrivono frasi impronunciabili e irreali, quindi aiuta avere in testa una musicalità di come una cosa va recitata e di quanti colori e possibilità ha da offrire un attore, basta che poi si trovino i punti giusti e i modi giusti di raccontare un personaggio. Talvolta alcuni registi non sanno approcciarsi agli attori, chiedendo cose eccessive o chiedono e pretendendo cose troppo basilari. Conoscendo gli attori, io ho dei miei metodi che cerco di attuare. Quindi magari se vedo un punto importante, magari preferisco consigliare di fare una scena, piuttosto che un’altra, solo in base al suo stato d’animo. È giusto dividere i ruoli, ma ritengo sia importante che un regista conosca il ruolo dell’attore. Lo consiglio sempre a tutti i miei amici registi, perché devi capire dove puoi spingere un attore: se una scena è drammatica non può farle troppe volte perché perderà naturalezza, piuttosto che una scena più leggera.

Guardando al tuo background, c’è anche una tua parte comica, nonostante il film sembra più serio. Che ruolo ha la comicità?

Il film è drammatico, è vero, ma io ho una visione più agrodolce della vita, non è un drammatico assoluto. La realtà è che anche nei momenti di tensione, di dolore e di felicità, fondamentalmente la vita appare serena quasi sempre nel momento in cui la viviamo. Quindi, anche nei momenti drammatici, una battuta o una frase cinica, dette in un dato momento possono diventare molto divertenti, come se aiutassero a dimenticare. Ho fatto tanto teatro, volevo fare il drammone alla Shakespeare, con tutte le tragedie. Poi mi sono ritrovato a fare l’imitazione di Tommaso Paradiso con LeColiche, che ha sbancato con milioni di visualizzazioni, e lì mi sono detto che forse era meglio buttarsi nella mischia e di vivercela questa comicità, piuttosto che far finta di essere Alessandro Borghi.
Ho imparato a scrivere anche quello, partendo dai film di Lillo e Greg, fatti per ridere e far ridere, alla scrittura dei programmi di Michela Giraud.
Mi piace unire entrambe le cose perché ognuno porta un po’ di leggerezza all’altra, e nel caso opposto, portare spessore all’altra. Non bisogna fare le cose solo per ridere o solo per piangere, entrambe le cose devono avere una sfumatura dell’altra, perché è così che è la vita, anche nella finzione e nelle commedie. Le persone vogliono rivedere la realtà anche nello spettacolo.

Una curiosità, e mi hai preceduto su questo,  il tuo ruolo comico per il web con i video in collaborazione con LeColiche e Michela Giraud, che impatto hanno avuto sul tuo lavoro?

Guarda, questa cosa mi è arrivata veramente addosso in maniera completamente inaspettata. Io e Michela siamo amici da sempre, con LeColiche ci siamo conosciuti al concerto di Calcutta anni ed anni fa. Una sera stavamo tra di noi nel locale di mio fratello a Trastevere e arriva Liliana Fiorelli, ovvero la ragazza che poi fece Levante in altri nostri video, e ci disse che sembravamo i TheGioranalisti e avremmo dovuto fare un video. Io comunque sono molto amico di Marco Rissa che era il chitarrista dei TheGiornalisti, prima del drammatico scioglimento, quindi ci abbiamo provato giusto per scherzo. Scrissi io la video-parodia di “Riccione” e ci siamo divertiti molto, girando il video di corsa in una giornata ad Anzio e all’improvviso, appena uscito, milioni di visualizzazioni. Inizialmente negavo ma abbiamo cavalcato l’onda senza nulla in cambio, se non la felicità di far sorridere le persone. Tanti di loro aspettavano con ansia i nuovi video, con condivisioni e messaggi bellissimi di ringraziamenti per aver regalato loro un sorriso, ed io nel frattempo che piangevo. (ride)
È stato bello, l’abbiamo fatto solo per quello. Infatti, non è mai stato commercializzato più del dovuto o macchiato di altro, ma fatto solo per il gusto di far ridere. Poi abbiamo smesso quando hanno smesso i TheGiornalisti e l’Indie ormai era morto!
Tutto va coltivato. Il mio obbiettivo non è fare la webstar che deve fare le stories: non ce la faccio a starci dietro. Però una piccola cosa può portarti successo. Se t’impegni il web, dà molto in cambio e devi fare cose che piacciono, intelligenti e che abbiamo un senso oltre alla comicità becera. Il web è un’arma a doppio taglio e devi essere intelligente.

A differenza di chi vive i social, sui tuoi pubblichi ben poco. Ma funziona perché dipende da ciò che vuoi farci e che ruolo vuoi avere.

Io non ce la faccio a pubblicare contenuti tutti i giorni e il mio agente mi riprende continuamente. Quando mi va, lo faccio ma adesso mi fa stare meglio chiudermi in casa e scrivere un cortometraggio, se ho un momento di creatività.
Ad esempio, non vedo l’ora che si possa tornare a teatro perché è quella la mia dimensione, dove sono davvero a mio agio e sto bene. A teatro, con il pubblico, mettere su lo spettacolo, fare la scenografia e presentare il tutto, è la mia dimensione. Anche fare il film è stato bello, ma il teatro è un’altra emozione diversa. È un brivido che mi piace più di tutto: il palco, il teatro, la comunicazione immediata dove noti subito le reazioni, giocare con musiche e volumi e percepirli, dando forma alle emozioni. Anche il film l’ho scritto in modo molto teatrale, anche se la storia è un ingranaggio complesso con uso di flashback, ma venendo da un certo percorso non potevo tralasciarlo. Il teatro è il mio modo di comunicare, anche se sono ancora pochi quelli che ci vanno, speriamo di tornare presto!

Sicuramente, il palco è ciò che manca di più a tutti noi. In attesa di tornare, con tante cose in ballo e per tirare le somme: dato che abbiamo parlato di tutto il tuo lavoro, stai facendo qualsiasi cosa e hai mille interessi, adesso cosa c’è in programma dopo?

Sto scrivendo, infatti sto terminando una serie un po’ lunga sul genere thriller ma con momenti comici. Sono molto soddisfatto e sto aspettando di metterla in cantiere per dare spazio al film e al suo corso. Mi sto dedicando molto alla scrittura in questi tempi, anche a dei racconti. Sarà la pandemia, ma mi sono chiuso molto sulla scrittura.
Poi sì, lavori vari anche grazie alla nostra agenzia, come per l’appunto il programma di Michela Giraud che stiamo finendo di montare ed è in arrivo su Comedy Central. Abbiamo girato anche dei videoclip per alcuni amici musicisti e anche quello è molto stimolante, in quanto è un settore che non conoscevo e stiamo sperimentando. Però per lo più vorrei concentrarmi sui miei progetti e sulla scrittura per raccogliere le energie e mettermi in gioco. Vorrei scrivere un libro ma sono pigro e lo faccio con enorme lentezza, ogni dialogo diventa praticamente un film!
Per cui, cose così, io sono sempre in evoluzione e faccio tante cose!

Noto, tante cose, ma tante tante..

Ma speriamo di farle bene!

Ah sicuramente!

 

Roberta Fusco

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