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Le immagini, i protagonisti, le paure, le vittorie: Resilienza 2020 è un concept album, un racconto in musica del mondo, firmato dal producer Marco del Bene aka Korben, già autore di colonne sonore per Istituto Luce, Ocean Film e Hystory Channel.
Una sequenza di immagini e stati d’animo ispirate all’osservazione del mondo dalle pareti di casa. Una colonna sonora semplice, evocativa, elettronica e visionaria, dalle indubbie influenze cinematografiche, per raccontare le emozioni di questo “film fantascientifico” che è la vita.
Resilienza 2020 è una composizione contemporanea che dà forma sonora all’attualità e al percorso personale dello stesso autore attraverso brani strumentali tra mindfullness e rock.
Abbiamo contattato e intervistato Marco del Bene, che ci ha gentilmente raccontato la nascita e il percorso di Resilienza 2020.
Come e quando nasce l’idea di Resilienza 2020, il concept album che è uscito il 20 aprile?
L’album nasce da un percorso personale e da una serie di sfide che ho dovuto affrontare, come tutti. Mentre lavoravo su altri progetti ho scritto e raccolto le tracce che potevano raccontare più il mio mondo e quello che succedeva. L’uscita era pianificata per Aprile poi, con tutto quello che è successo in questo periodo, l’album ha assunto un significato ancora più importante ed il titolo è risultato semplicemente perfetto.
Le immagini, i protagonisti, le paure, sono tematiche che inducono a pensare molto, soprattutto in questo momento, cosa pensa accadrà dopo questo periodo?
Nulla sarà come prima, molti cercheranno di tornare allo stato iniziale ma non penso sia possibile. Una parte della società sarà ancora più consapevole di quanto siamo intrinsecamente legati a livello globale. La soluzione a mio avviso è li, percepirsi semplicemente terrestri.
Abbiamo fatto un salto quantico nel digitale, in pochissimo tempo. Riusciremo anche a trovare la forza per andare oltre.
Una colonna sonora semplice, evocativa e visionaria, per raccontare le emozioni del “film fantascientifico” che è la vita. Si legge nelle note, che tipo di lavoro è stato fatto per raggiungere questo scopo?
Resilienza è un lavoro libero da confini e barriere. E’ un album che nasce dalla gioia di fare musica. Mi sono immaginato semplicemente alle prese con un grande regista e ho cercato di seguire la sceneggiatura che era gia scritta. Mi è venuto naturale accostarmi all’elettronica, soprattutto al suono fine anni 60, e alla sinfonica come al rock. Alla base di tutto c’è un significato e-motivo lirico e classico. Non è un album fatto con la ragione ed il calcolo ma esclusivamente con la fantasia e vuole essere uno strumento di ascolto e riflessione adatto alla vita di tutti i giorni.
Un album quasi interamente strumentale, tranne che per il brano che coinvolge Sherol Dos Santos, come mai questa scelta di puntare tutto sullo strumentale?
Il suono è “la vibrazione”, la frequenza, questa è la via direbbe the Mandalorian di Star WaRS. Le onde sono alla base di tutto: atomi, colori, odori. Il suono è il mio linguaggio emotivo. Non sono un poeta e non saprei muovermi in versi con la stessa naturalezza. Anche sul brano di Sherol ho scelto un suono, qualcosa che andasse ben oltre il semplice significato semantico.
Quando reciti un mantra non è il significato che conta ma è il suono che genera. Questa l’idea esoterica dietro l’album in cui ci sono diversi easter egg.
Ci sono brani che coinvolgono, trascinano in una introspezione sensoriale, come ad esempio Il sogno di Aisha, Contro il tempo, Meditazione inquieta. C’è stato un transfert autobiografico nel realizzare questi brani?
Tutto l’album è un percorso personale. Questi tre brani che proponi raccontano la nostra ricerca di qualcosa oltre allo spazio fisico della materia. Il sogno, il tempo, le origini dell’idea, l’immaginazione sono tematiche che mi affascinano da sempre e che affronto anche attraverso la musica oltre che con la lettura.
Ci sono altri progetti futuri oltre alla speranza e all’auspicio di poter riprendere con esibizioni, concerti e presentazioni?
Subito dopo l’uscita dell’album ho iniziato, in lockdown, la colonna sonora di un bel film americano. Un film che curiosamente è legato a molti eventi recenti della mia esistenza, quasi un segno del destino.
Concerti per ora non se ne parla. Sarei stato felice di presentare l’album in un live, mi sto comunque preparando per trasformare questo lavoro in uno spettacolo. Al momento sono più alla ricerca di collaborazioni con artisti di altre discipline.
Paola Improda