Carditello, al Real Sito, Colella e Treccagnoli per la rassegna “Letture di Gusto. Libri, cibo e territorio”

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Il pomeriggio di venerdì 20 Aprile ha visto protagonisti, nella splendida cornice della Reggia di Carditello, Amedeo Colella e Pietro Treccagnoli che hanno presentato i loro libri Manuale di Napoletanità e L’arcinapoletano. È stato un momento di grande piacevolezza, cui i tanti intervenuti si sono pregiati, fruendo di un momento di arricchimento culturale ben congegnato, con la visita guidata al bellissimo sito Borbonico. La giornata fa parte della rassegna Letture di Gusto. Libri, cibo e territorio organizzata dai Cantieri Culturali di Carditello.

Eleganza è cominciare a parlare di “equini”, per introdurre un libro sulla napoletanità in un sito borbonico dedicato all’allevamento dei cavalli di razza, l’ormai noto Real Sito di Carditello, per passare a discorrere di “ciucci”, analizzando il detto “me par ‘o ciuccio ‘e Fichella”, scoprendo che il cavallino rampante della Ferrari era quello allevato a Carditello, il cavallo di Persano, originario simbolo della squadra Partenopea ma che, a causa delle numerose sconfitte, fu soppiantato dall’attuale ciuccio (asino), reputato più degno portafortuna. Questo è Amedeo Colella, un affabulatore, un oratore instancabile portatore di buonumore e di infiniti aneddoti sulla sua città, spaziando dall’arte culinaria ai modi di dire, agli aneddoti, le tradizioni e curiosità, contenuti nei suoi libri, da Manuale di Napoletanità, Manuale di filosofia Napoletana, Mangianapoli 180 cose da mangiare a Napoli almeno una volta e, ultimo uscito, Come se penza a Napule.

Attraverso i “paraustielli” di Amedeo Colella, i suoi 365 motivi per essere orgoglioso della napoletanità,  riusciamo a scoprire ancora tante cose sul sito di Carditello; come riesce a spaziare in questo modo così ampio è davvero incomprensibile, ci sfugge, ma apprendiamo che nel sito si produceva anche il parmigiano, che tanto piaceva a Re Carlo, oltre che l’ottima mozzarella locale. Una fattoria sperimentale e tanto altro, visitare la Reggia di Carditello è un’esperienza che riempie gli occhi di bellezza: l’omonima fondazione che oggi si occupa della gestione, sta facendo un lavoro immane, il sito è visitabile nei fine settimana anche se i restauri sono ancora in corso, ma decisamente sono tante le iniziative in cui è coinvolta, nonostante la posizione decentrata e poco fruibile a chi non conosce queste zone.

L’intervento di Pietro Treccagnoli è dichiaratamente polemico, fin dalla premessa. La napoletanità che lui vuole difendere è quella che deve e può proiettarsi verso il futuro, per non ristagnare in un passato, in una storia grande e ingombrante che ingabbia senza via di uscita, per riuscire a guardare alle città europee che, pur detentrici di grandi tesori d’arte, riescono ad essere moderne, a modificarsi, senza temere di cambiare. Lo scrittore invita a non guardare al grande passato di Napoli per restare indietro, perché Napoli è stata grande quando ha guardato al futuro, quando si è aperta all’Europa. Si rammarica perché non riusciamo a dare dignità di lingua al napoletano, nonostante sia uno dei dialetti più parlatati e riconosciuti al mondo, infatti, quasi mai viene scritto correttamente, considerando che anche durante il regno borbonico non vi sono mai atti o editti anche dedicati al popolo scritti in napoletano, e ciò non lo rende una lingua. Pietro Treccagnoli si rivela un pozzo di scienza, un profondo conoscitore della città di Napoli.

Chiudono il dibattito il Sindaco Gianfranco Nappi, che decanta le doti dell’amico Amedeo, e Raffaele Zito come portavoce dei cantieri culturali di Carditello. Raccontando la storia, l’importanza di Carditello, quest’ultimo ci invita ad osservare l’eccezionalità del muro a limite del galoppatoio che corre intorno alla residenza: in realtà non è un muro che “delimita” ma vi sono delle gradinate che permettevano di osservare gli spettacoli, così come la Cappella si apriva all’esterno per permettere ai sudditi di assistere alle funzioni religiose, in un rapporto fra sovrani e abitanti locali davvero singolare.

 

Legare un sito borbonico a due scrittori napoletani, che diffondono la cultura di Napoli, ha dato una chiave di lettura e un’esperienza a 360 gradi, dove storia, arte, tradizione e presente si legano in un piacevole filo conduttore. Questa è la cultura che ci piace, quella che non si chiude in settori, nei salotti ma che si apre, ed apre le porte che fin ora erano state chiuse.

Lucia Dello Iacovo

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