Caserta: proiettato il docufilm “Ibi”, presente fuori concorso al festival di Locarno

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Forse è una storia come tante, quella di Ibitocho Sehounbiatou, o semplicemente Ibi, quella narrata dall’omonimo film presentato alla città questo sabato, in un doppio appuntamento: al cinema del centro, il San Marco di Corso Trieste, e alla cappella Palatina della Reggia di Caserta; però è una storia che quasi mai vediamo narrata da questo punto di vista, quello di una migrante, in questo caso l’occhio di Ibi, della sua macchina da presa.

Appassionata di fotografia, Ibi, riesce a fare di questa passione un lavoro e comincia a filmare la sua vita dal 2006, per dieci anni, lasciandone una testimonianza unica.  Il film “Ibi” di Andrea Segre è frutto della rielaborazione di questo lungo lavoro, arrivato purtroppo postumo; “quando ci siamo conosciuti, mentre giravo un altro film vicino casa di Ibi, a Castel Volturno”, racconta il regista durante la presentazione: “ci eravamo detti che avremmo provato a fare un film insieme, non ci siamo riusciti ma con questo lavoro è come se lo avessimo fatto. Ibi era un’artista, abbiamo preso solo parte della sua immensa produzione, con l’aiuto del suo compagno Salami Taiwo Olayiwola; sequenze in cui Ibi si racconta, racconta la sua vita, accompagnandole semplicemente con immagini mie, sperando di averlo prodotto come lei avrebbe voluto.”

Il film è stato presentato al festival di Locarno, in Svizzera, ed ha avuto tre anteprime in Italia al Festival Internazionale Ferrara e al Festival Visioni dal Mondo di Milano ma, alla serata di presentazione di ieri, Andrea Segre dichiara che sente essere questo il vero battesimo del film; la sua presentazione alla città di Caserta, quella in cui questa artista visiva, sinora sconosciuta, ha vissuto e operato in molteplici forme, non ultima quella di attivista nel movimento dei Migranti e Rifugiati di Caserta del centro sociale “Ex Canapificio”,  in cui si è spesa infaticabilmente, diventando uno dei fulcri di queste associazioni che hanno voluto fortemente la realizzazione del film. L’azione dell’Ex Canapificio, difatti, si esplica in diverse iniziative anche con manifestazioni in piazza, per i diritti degli immigrati: si occupa di azioni mirate all’inserimento lavorativo attraverso la formazione; persegue l’inclusione sociale; promuove la regolarizzazione a partire dal permesso di soggiorno, attraverso l’attivazione di sportelli legali.

La condizione di illegali è ben trasposta, tra le dichiarazioni, nel racconto di Ibi. Gli immigrati restano imprigionati senza via d’uscita: non possono tornare a casa dove non hanno possibilità, non possono avere una vita dignitosa in Italia, né viaggiare; senza documenti restano preda per lo sfruttamento del loro lavoro e della povertà. La testimonianza di questo documentario mostra un lavoro continuo, una dura lotta per la sopravvivenza, le sofferenze delle famiglie smembrate, che per anni sognano di riabbracciarsi, pregando, sperando, così come vediamo fare ad Ibi che, invece, morirà senza mai riuscire a coronare il suo sogno: avere il permesso di soggiorno e poter riabbracciare i suoi cari lasciati nella sua terra. Lunghi anni di impegno sociale per riscattare un pesante passato, quando disperata è entrata in Italia da clandestina trasportando droga, passato che ritarda per anni l’accoglimento della sua domanda per il diritto d’asilo, che la separa per quindici anni da sua madre e dai suoi figli, accoglimento che sembrava essere prossimo, vista una nuova convocazione della commissione nel 2015, quando invece Ibi muore improvvisamente.

Questo film documentario  dà la misura di vite e sofferenze per molti di noi sconosciute, se non in un immaginario teorico; queste immagini invece testimoniano il quotidiano, piccole e grandi difficoltà con cui gli immigrati si confrontano: la lingua, il lavoro, le bollette da pagare, pensieri e sentimenti, l’identità negata,  aprono lo sguardo su quello che, oggi, è un pezzo d’Italia, quello che spesso non si vuole vedere, se non da un punto di vista esterno. È il primo esempio di film in Europa basato sull’auto-narrazione spontanea di una migrante.

Un suo compagno dell’Ex Canapificio racconta: “Ibi viene del Benin, da un paese chiamato Dahomey, un regno dove il Re aveva deciso che i soldati erano le donne. Ibi era una donna soldato che ha lottato per anni; è stata sempre presente nell’associazione, una donna speciale, che ascoltava tutti e che diceva ai nuovi arrivati che bisognava aver pazienza. Oggi la sua vita, il suo racconto è esposto nella Reggia di Caserta, spero che sia una testimonianza che possa risvegliare le coscienze e far dare una mano alle persone che soffrono.”

Ibi soleva spesso dire: “Impossibile non esiste.”

Il lavoro fotografico di Ibitocho Sehounbiatou è anche raccolto in una Mostra che resterà alla Reggia di Caserta fino al 28 ottobre;  circa una trentina di scatti e divisa in tre sezioni: Autoritratti, Fotomontaggi, Realtà.

Il documentario sarà ancora proiettato a cura dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, lunedì 23 ottobre alle 9,45, nell’Aula 3 del Dipartimento di Scienze Politiche “Jean Monnet” che ha sede in Viale Ellittico 31, Caserta.

Lucia Dello Iacovo

 

 

Ibi è una produzione Rai Cinema Jolefilm con il contributo di Open Society Foundations

 

Scheda del Film

Durata: 64′

 

Con:

Salami Taiwo Olayiwola
Mimma D’Amico
Fabio Basile
Giampaolo Mosca
Gian Luca Castaldi
Prosper Doe

Regia: Andrea Segre
Fotografia: Matteo Calore
Montaggio: Chiara Russo
Coordinamento di produzione: Archontoula Skourtanioti
Musiche: Sergio Marchesini e Giorgio Gobbo (Bottega Baltazar)
Consulenza artistica: Marco Pettenello
Prodotto da Francesco Bonsembiante

Una produzione JOLEFILM con RAI CINEMA
con la collaborazione di ZaLab
con il sostegno di Open Society Foundations

Lingua Yoruba, inglese, italiano

Vendite internazionali: I Wonder Pictures
Distribuzione Italiana: ZaLab – mail: distribuzione@zalab.org

Grazie a
C.S.A. Ex Canapificio
Movimento Migranti e Rifugiati di Caserta

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