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Dal 10 gennaio 2017, al Teatro Bellini, “Molière – La recita di Versailles”
novità di Paolo Rossi e Giampiero Solari
su un canovaccio di Stefano Massini
con
Paolo Rossi, Lucia Vasini, Fulvio Falzarano,
Mario Sala, Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari,
Stefano Bembi, Bika Blasko, Riccardo Zini,
Karoline Comarella, Paolo Grossi
scene e costumi
Elisabetta Gabbioneta
luci
Gigi Saccomandi
canzoni originali
Gianmaria Testa
musiche eseguite dal vivo da
I Virtuosi del Carso
regia
Giampiero Solari
produzione Teatro Stabile di Bolzano
Molière: la recita di Versailles è un anarchico viaggio nel tempo scandito da folgoranti estratti di tre capolavori di Molière: Il Misantropo, Il Tartufo e Il Malato immaginario tradotti e adattati per l’occasione dal drammaturgo Stefano Massini. Il Teatro e la biografia di Molière sono raccontati attraverso la storia del “dietro le quinte” di una compagnia in prova, costretta ad allestire uno spettacolo in fretta e furia. Paolo Rossi “sdoppiato” interpreterà sia Molière, che sé stesso, mentre, da capocomico, è intento a capitanare la sua compagnia e ci trascinerà in un serratissimo gioco di rimandi e parallelismi. Realizzeremo quanto fosse stretto il rapporto tra l’uomo Molière e le sue opere mediante il geniale accostamento del lavoro e della vita del capocomico Molière a quelli del personaggio capocomico Rossi. Partendo dal un canovaccio di Stefano Massini, autore apprezzatissimo in Italia e all’estero, del quale ricordiamo Lehman Trilogy, il testo dell’ultimo magnifico allestimento di Luca Ronconi, Paolo Rossi e Giampiero Solari teorizzano la coesistenza sul palco dell’”attore”, colui che conosce il mestiere, dei personaggi che evoca e interpreta, e della “persona stessa”: una compresenza scenica che permetterà un’improvvisazione rigorosa, che si traduce in uno spettacolo “irriverente, caustico e veritiero” creato e ricreato ogni sera dall’estro di Paolo Rossi e dalla sua agguerrita compagine di attori e musicisti.
L’attualità di Molière ne L’improvvisazione di Versailles
L’improvvisazione di Versailles (L’Impromptu de Versailles) è una commedia che Molière scrisse nel 1663 su richiesta di re Luigi XIV, che la pretese la mattina per farla debuttare a Corte la sera stessa. Giacchè il re Sole era divertito dalla rivalità tra la compagnia di Molière e quella dell’Hotel de Bourgogne, ne L’improvvisazione di Versailles, il drammaturgo sceglie di portare in scena sé stesso e la sua compagnia alle prese con le difficoltà del mestiere di commediante, approfittandone per dichiarare il suo intento di fondare la nuova commedia di carattere e di costume. La continua ricerca di una nuova cifra stilistica che rendeva ogni spettacolo di Molière un manifesto per una recitazione più naturalistica e al passo con i tempi, ci porta direttamente ai nostri giorni, come recita un passo dello spettacolo «Oggi recitano tutti, i commercialisti, i dottori, i politici. Quelli che recitano peggio sono gli attori, se continuano a recitare alle vecchia maniera».
L’autore
Cosa accade se il Re in persona esige una commedia che debutti in sua presenza alle 18:00 in punto? Nasce il dramma del capocomico: restare lucido, sfruttare il genio, correre contro il tempo e partorire in men che non si dica un capolavoro. In questo caso la crisi è a un passo. Perché tutto filerebbe molto più liscio se il nostro monsieur Molière avesse la testa sgombra, senza le angherie dei suoi avversari, senza le sfuriate delle sue donne, senza i morsi del portafogli e delle mille quotidiane trappole. Basterebbe un po’ di pace, al capocomico. E allora sì che Sua Maestà avrebbe la sua recita. O meglio: un’ipotesi di recita. Una traccia? Un’improvvisazione, ecco. Tentare è tutto. Senza paracadute.
Stefano Massini
Il protagonista
É la seconda volta che affronto Molière. E nonostante non si cominci mai con “E’”, è capitato spesso che quando si provavano altri spettacoli, in un angolo della mia testa un pensiero per lui ci fosse sempre. Perché? Perché Molière mi piace, mi fa godere e mi consola. Mi affascinano soprattutto le voci che circolano sul suo lavoro, sulla sua vita privata, sulle scadenze, le commissioni, sui temi pericolosi da recitare in un ambiente ancor più pericoloso, sulle rivalità degli altri teatri; ma soprattutto sulle leggende – le chiamerei così¬ – sulla sua compagnia. Compagnia che mi è sempre apparsa come una famiglia che oggi chiamerebbero “allargata”. Ecco avrei voluto vivere e recitare con loro, anche se poi ho sempre voluto che le compagnie con cui ho lavorato diventassero una famiglia. Quelle belle famiglie con tante persone e non poche solitudini, al di là delle differenze, dell’ideologia, delle tensioni… Costrette a restare unite amorevolmente per affrontare nuove sfide.
Paolo Rossi