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Una sola parola: Applausi.
Ieri sera alla prima di “Lacci” di Domenico Starnone, con Silvio Orlando, in scena al teatro Bellini fino a domenica 11 dicembre, c’è stato un tripudio di applausi.
Domenico Starnone racconta una storia fortissima ed emozionale, apparentemente comune e forse anche un po’ banale, ma che in realtà affronta un argomento mai sufficientemente sviscerato: il dolore per l’abbandono della persona amata.
L’incipit di Vanda è inequivocabile: “Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie!”
Veniamo così subito catapultati nella tragedia. Vanda, interpretata magnificamente da Vanessa Scalera, legge ad alta voce le sue lettere destinate al marito Aldo [un magistrale Silvio Orlando] piene di dubbi, suppliche, rabbia, struggimento, dolore e rassegnazione.
Ascoltiamo in silenzio, quasi spiamo, la storia di una famiglia distrutta non solo dal tradimento del marito nei confronti della moglie ma anche del padre nei confronti dei figli. Infatti, Aldo li vive come impedimento al suo poter amare liberamente Lidia, la sua amante. Resta evidente e fa male constatare che è la famiglia ciò che gli impedisce di vivere senza sensi di colpa il suo vero grande amore.
Ma come dice l’autore stesso: niente è più radicale dell’abbandono, ma niente è più tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre. E quindi ci troviamo di nuovo di fronte a Vanda ed Aldo, dopo quasi 30 anni, e scoprire che hanno deciso di vivere insieme per il bene dei loro figli,
Una vita di sofferenza, dolore, frustrazione, paura e vergogna. Un amore che si trasforma in odio, per tutelare quel che la società chiama famiglia.
Ma è veramente così importante sopra ogni cosa restare insieme per la famiglia? Siamo sicuri che sia la cosa giusta da fare per i figli? Aldo ha sacrificato l’amore della sua vita, l’amore gioioso e spensierato, ha rinunciato alla donna che gli riempiva le giornate con il buon umore e la spensieratezza, a pro di cosa?
Quegli stessi figli [Sergio Romano e Maria Laura Rondanini] che non sono altro che il riflesso distorto dei malumori dei genitori, che pretendono un “risarcimento” per il male subito, vendicandosi alla fine come due bambini capricciosi e mettendo a soqquadro la casa dei propri genitori per sovvertire, come dice Sandro, quell’ordine apparente che cela un disordine reale.
Un finale che lascia l’amaro in bocca ed un briciolo di malinconia, come d’altronde fa la vita con noi.
Paola Improda
Atto unico.
Scene di Roberto Crea,
costumi di Silvia Polidori,
musiche di Stefano Mainetti,
luci di Gaetano La Mela,
produzione Cardellino srl